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libro settimo - capitolo xi


mostrò il pontefice animo pronto, ma difficoltá di metterlo in effetto, mentre li prelati stavano in spese nel concilio; promettendo che se il re l’aiutasse a finirlo e liberarsene, egli lo gratificherebbe. Quanto alle cose del concilio, nelle prime audienze don Luigi non passò molto inanzi; solo offerí di procurare la conservazione dell’autoritá pontificia, ed esortò il pontefice a non trattar di far lega de cattolici, acciocché gli eretici non la facessero tra loro, e che Francia non si precipitasse ad ogni accordo con li ugonotti.

In questo mentre in Trento si facevano diverse adunanze. Li ambasciatori cesarei adunarono li prelati spagnoli in casa dell’arcivescovo di Granata per indurli a consentire che nel concilio si concedesse l’uso del calice, con disegno di propor di novo quella materia; ma li trovarono tanto alieni, che furono costretti metterla in silenzio. Il Cardinal di Lorena fece molte congregazioni con li suoi prelati e teologi per esaminare li luochi mandati dal pontefice all’imperatore nel foglio di sopra riferito (e dall’imperatore a lui), sopra le parole universalem Ecclesiam, facendo vedere se quei passi erano citati direttamente, e se gli era dato il vero sentimento, per formare, come poi fecero, un’altra scrittura in confutazione di quella. Questi medesimi luochi ordinò l’imperatore che fossero comunicati alli spagnoli per sentir il parer loro: il che avendo fatto il Cinquechiese dove tutti li prelati spagnoli erano congregati a quest’effetto, rispose Granata non esser bisogno che Sua Maestá facesse quell’opera con loro che ricevevano il concilio fiorentino, ma con li francesi che ricevevano il basiliense. Mossi da questo accidente, alcuni di loro, dopo la partita del Cinquechiese trattarono che si scrivesse una lettera al papa per levar quella sinistra opinione che avesse concetto di loro; a che repugnò Granata, dicendo che bastava al papa conoscer dalli voti loro che in questo non erano contrari, ma però non esser giusto che secondassero le adulazioni degl’italiani; e soggionse le formali parole: «Restituisca a noi il nostro, che noi lasciamo a lui piú che è il suo; e non è giusto che de vescovi deventiamo suoi vicari». E un altro