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166 | l'istoria del concilio tridentino |
stia quieto, se ben in occasione di gran dolore! Dopo questo
il cardinale, postosi a pensare allo stato delle cose sue, per
quella variazione successa mutò tutti li disegni suoi, che fu
anco causa di far mutar il filo dove parevano inviate le cose
del concilio. Perché essendo egli il mezzo per il quale l’imperatore e la regina di Francia avevano sin allora operato,
furono costretti questi ancora, mancando d’un ministro cosí
atto, ad andar piú rimessi nelli disegni loro e a proceder piú
rallentatamente. Ma nelli negozi umani avviene quello che nelle
fortune del mare, dove, cessati li venti, le onde ancora tumultuano per qualche ore. Cosí la gran mole dei negozi del
concilio non potè facilmente redursi a tranquillitá, per l’impeto
preso. Ma della quiete, che successe qualche mese dopo, certa
cosa è che la morte di quel duca ne fu un gran principio,
massime dopo che si aggionse la morte dell’altro fratello, che
era il gran priore di Francia, e pochi giorni dopo la nova
della pace fatta con gli ugonotti, e finalmente le instanze
della regina al cardinale, che dovesse rendersi benevolo il
papa e ritornar in Francia: delle quali a suo luoco si dirá.
Per le qual cose il Cardinal vidde che li negozi inviati non
sarebbono stati utili né per sé né per gli amici suoi.
Tanto in Trento quanto in Roma fu sentita con dispiacere la morte di Ghisa, reputando ognuno che egli fosse l’unico sostentamento della parte cattolica nel regno di Francia, né vedendosi qual altra persona potesse succederli in sopportar quel peso, massime essendo ognuno spaventato per l’esempio della sua morte. E li prelati francesi in concilio si trovavano in ansietá, intendendo che si trattava l’accordo con ugonotti, quali tra le altre cose pretendevano che la terza parte delle rendite ecclesiastiche fossero per mantenimento del li ministri reformati.