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libro settimo - capitolo x


XII. Se si può trovar modo che non sia fatta fraude o violenzia o estorsione nel prononciar le sentenzie dei padri.

XIII. Se si può trattar cosa alcuna, sia dogma o cosa spettante alla reforma della Chiesa, che non sia prima discussa dai periti.

XIV. Che rimedio si potrebbe trovare, quando li prelati italiani continuassero nell’ostinazione di non lasciar risolvere le cose.

XV. Che rimedio si potrá trovare, acciò li prelati italiani non faccino conspirazioni insieme, occorrendo parlar dell’autoritá del papa.

XVI. Come si possino rimover le pratiche per venir ad una determinazione dell’articolo della residenzia.

XVII. Se è cosa condecente che la Maestá cesarea intervenga personalmente in concilio.

Ma in Roma si fece longa e seria consulta se dovevano ammetter che le petizioni de’ francesi fossero proposte; e non tanto era in considerazione quello che importassero in loro medesme, quanto le conseguenze. Imperocché, considerando quello che dal Ferrier era stato detto nell’orazione, cioè che le petizioni esibite erano le piú leggieri, e li restavano a dimandare cose piú gravi, da questo facevano giudicio che, non avendo li francesi fatte quelle dimande perché desiderassero ottenerle, mirassero a questo fine: di entrar per quella strada in possesso di proporre l’altre che avevano in animo, e che aperta la porta per quelle che chiamavano leggieri, non li potesse esser negato ogni altro tentativo. Per questi e altri rispetti fu risoluto di scrivere alli legati che assolutamente non si proponessero, né fosse data negativa libera, ma interponessero dilazione a proporle: e furono anco scritti li modi che dovevano usare. E nell’istesso tempo uscí da Roma una scrittura d’incerto autore in risposta sopra di quelle proposte, la qual immediate fu disseminata in Trento e alla corte dell’imperatore. Con queste provvisioni fu creduto in Roma d’aver dato buon ripiego alle instanze de’ francesi.

Ma era maggiormente stimata dal pontefice la novitá, insti-