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140 l'istoria del concilio tridentino


delle miserie, senza quali la Francia non poteva conservar le tavole del naufragio. Diede l’esempio dell’esercito israelitico, che non bastò vincere Amalech, se le mani da Moisé a Dio elevate, e sostentate da Aaron e Ur, non avessero aiutato li combattenti. Che al re di Francia non mancano forze; un magnanimo capitano, il duca di Ghisa; la regina madre per maneggiar il negozio della guerra e pace: ma non vi è altro Aaron e Ur che essi padri per sostentar le mani del re cristianissimo con li decreti sinodali, senza quali li inimici non si reconcilieranno, né li cattolici si conservaranno nella fede. Non esser l’umore dei cristiani quello che giá inanzi cinquantanni fu: ora tutti li cattolici esser come li samaritani, che non credettero alla donna le cose che di Cristo narrò, se non avendone fatto inquisizione e intese per propria cognizione; che buona parte del cristianesmo studia le Scritture; che a questo guardando, il re cristianissimo non aveva dato alli ambasciatori suoi altre istruzioni se non conformi a quelle; ed essi ambasciatori le hanno presentate alli legati, li quali presto le proponeranno ad essi padri, come hanno promesso; a quali il Cristianissimo principalmente le manda, aspettandone il loro giudicio. Che la Francia non dimanda cosa singolare, ma comune con la chiesa cattolica; che se alcuno si maraviglierá nelle proposte loro esser state tralasciate le cose piú necessarie, tenga per fermo che s’è incominciato dalle piú leggieri, per proponer le piú gravi a suo tempo e alle leggieri dar facile esecuzione; la quale se essi padri non incominciaranno inanzi il partir di Trento, grideranno li cattolici, rideranno gli avversari, diranno non mancar scienza alli padri tridentini, ma volontá di operare; aver statuito buone leggi senza toccarle pur con un dito, ma lasciandone l’osservanza a’ posteri. E se alcuno nelle dimande esibite reputa che vi sia cosa conforme ai libri degli avversari, li giudica indegni di risposta; e a quelli che le tengono per immoderate, altro non vuol dire se non quello di Cicerone: esser un’assurditá desiderar temperanza di mediocritá in cosa ottima, tanto megliore, quanto maggiore; e che lo Spirito Santo disse ai tepidi