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l'istoria del concilio tridentino |
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delle miserie, senza quali la Francia non poteva conservar
le tavole del naufragio. Diede l’esempio dell’esercito israelitico, che non bastò vincere Amalech, se le mani da Moisé a
Dio elevate, e sostentate da Aaron e Ur, non avessero aiutato
li combattenti. Che al re di Francia non mancano forze; un
magnanimo capitano, il duca di Ghisa; la regina madre per
maneggiar il negozio della guerra e pace: ma non vi è altro
Aaron e Ur che essi padri per sostentar le mani del re cristianissimo con li decreti sinodali, senza quali li inimici non
si reconcilieranno, né li cattolici si conservaranno nella fede.
Non esser l’umore dei cristiani quello che giá inanzi cinquantanni fu: ora tutti li cattolici esser come li samaritani, che
non credettero alla donna le cose che di Cristo narrò, se non
avendone fatto inquisizione e intese per propria cognizione;
che buona parte del cristianesmo studia le Scritture; che a
questo guardando, il re cristianissimo non aveva dato alli
ambasciatori suoi altre istruzioni se non conformi a quelle;
ed essi ambasciatori le hanno presentate alli legati, li quali
presto le proponeranno ad essi padri, come hanno promesso;
a quali il Cristianissimo principalmente le manda, aspettandone
il loro giudicio. Che la Francia non dimanda cosa singolare,
ma comune con la chiesa cattolica; che se alcuno si maraviglierá nelle proposte loro esser state tralasciate le cose piú
necessarie, tenga per fermo che s’è incominciato dalle piú
leggieri, per proponer le piú gravi a suo tempo e alle leggieri
dar facile esecuzione; la quale se essi padri non incominciaranno inanzi il partir di Trento, grideranno li cattolici, rideranno gli avversari, diranno non mancar scienza alli padri
tridentini, ma volontá di operare; aver statuito buone leggi
senza toccarle pur con un dito, ma lasciandone l’osservanza
a’ posteri. E se alcuno nelle dimande esibite reputa che vi
sia cosa conforme ai libri degli avversari, li giudica indegni
di risposta; e a quelli che le tengono per immoderate, altro
non vuol dire se non quello di Cicerone: esser un’assurditá
desiderar temperanza di mediocritá in cosa ottima, tanto megliore, quanto maggiore; e che lo Spirito Santo disse ai tepidi