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libro settimo - capitolo viii


l’instanzia dell’imperatore portata piú in longo che non si pensava, avevano deliberato non differir piú, non volendo essi cosa singolare, separata dal rimanente della cristianitá; e che il re, desiderando che si tenga conto delle cose da lui proposte, rimette nondimeno il giudicio e la cognizione di tutte ai padri.

Erano li capi trentaquattro:

I. Che non siano ordinati sacerdoti se non vecchi, con buona testimonianza del populo ed esperimentati per buona vita passata; e siano punite le carnalitá e trasgressioni loro, secondo li canoni.

II. Che gli ordeni sacri non siano conferiti in un istesso giorno o tempo, ma chi ha d’ascender alli maggiori sia provato nelli minori.

III. Che non sia ordinato prete, al qual insieme non sia dato beneficio o ministerio, secondo il concilio calcedonense, quando non era conosciuto il titolo presbiterale senza ufficio.

IV. Che sia restituita la debita fonzione ai diaconi e altri ordeni sacri, acciò non appaiano nudi nomi e in sola ceremonia.

V. Che li preti e altri ministri ecclesiastici attendino alla loro vocazione, né s’intromettino in altro ufficio che nel divino ministerio.

VI. Che non si faccia vescovo se non di etá legittima, di costumi e dottrina, che possi insegnar e dar esempio ai populi.

VII. Che non sia fatto piovano se non di bontá provata, che possi insegnar al populo, ben celebrare il sacrificio, e amministrare li sacramenti, e insegnar l’uso ed effetto di quelli alli recipienti.

VIII. Che non sia creato abbate o prior conventuale, se non ha insegnato lettere sacre in una celebre universitá e ottenuto il magisterio o altro grado.

IX. Che il vescovo per se stesso, o per mezzo d’altri predicatori, in tanto numero che basti secondo la grandezza della diocesi, ogni dominica e festa, e nella quadragesima,