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libro settimo - capitolo viii


proposte non fossero abbracciate, averebbono provveduto alli loro bisogni in Francia. Furono certi li legati che dal pontefice sarebbono stati visti con alterazione, attesa la promessa fattagli che non si sarebbe intorno le annate e altre ragioni pecuniarie trattato in concilio, ma amicabilmente con lui. Ebbero per necessario mandar un prelato a portarli e informar la Santitá sua: inclinarono a mandar il vescovo di Viterbo, come ben informato delle cose di Francia, per esservi dimorato molti anni noncio, e consapevole delli pensieri del cardinale e prelati francesi di concilio, con quali aveva conversato dopo il loro arrivo. Il che inteso dal Cardinal di Lorena, li confortò a cosí fare, ed esso ancora gli diede istruzioni per parlar al pontefice. Quel vescovo fu cosí destro, che quantunque fosse dal cardinale tenuto essergli mandato per esploratore e osservatore, nondimeno seppe cosí ben maneggiarsi che acquistò la confidenza del cardinale e delli ambasciatori, senza diminuir quella che il pontefice e li legati avevano in lui. Andò questo prelato con istruzione di dover rappresentar al papa tutte le difficoltá che li legati sentivano, e di riportare risoluzione e ordine come in ciascun particolare dovessero governarsi. Da Lorena ebbe instruzione di supplicare il pontefice a ricever in buona parte che fosse dal re ricercato quello che era necessario per il suo regno; e da loro, che eseguivano li comandamenti regi; e di offerire a Sua Santitá l’opera sua per accomodare le differenze della instituzione de’ vescovi e residenza, che tenevano il concilio impedito in cose leggieri.

Li cesarei, veduta la riforma de’ francesi e considerato il proemio, parve loro di esser notati come di poca autoritá. Si dolsero con li legati che gli articoli di riforma, raccordati dall’imperatore o da loro, non fossero stati proposti, quantunque ne avessero date fuora copie, mandate a Roma e disseminate per Trento. E ricercando che si ponessero insieme con quei de’ francesi, si scusarono li legati, per la facultá data loro dall’imperatore con lettere, e da essi ambasciatori a bocca, che proponessero e tralasciassero quelli che a loro pareva,