Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/84

78 l'istoria del concilio di trento


far un’altra composizione, le quali in sostanza erano una cosa stessa; e l’una parte approvò quella dell’altra, avendo eletto di non procedere unitamente, acciò l’imperatore non pigliasse suspizione. Poi scrisse il duca Maurizio a Cesare, dando conto di esser in ordine con li teologi suoi, e della scrittura preparata: ma aggiongendo che non gli pareva il suo salvocondotto esser bastante, imperocché nel concilio di Costanza era stato determinato che si procedesse contra li andati al concilio, ancorché avessero salvocondotto dall’imperatore, e il decreto fu anco comprobato con l’esecuzione della morte di Gioanni Hus, andato in quel concilio sotto la fede pubblica di Sigismondo. Per il che non poteva mandar alcun suo a Trento, se anco quei del concilio non li davano salvocondotto; sí come fu fatto nel concilio basiliense, dove li boemi per l’esempio di Costanza non volsero andare a Basilea se non sotto la fede pubblica di tutto il concilio. Per il che pregava Cesare ad operare che fosse concesso loro dagli ecclesiastici di Trento un salvocondotto nella stessa forma che alli boemi in Basilea, perché li suoi erano appunto nella stessa condizione al presente che li boemi allora. Cesare promise di farlo, e alli suoi ambasciatori, che pur in quel tempo spedí al concilio, diede ordine di procurarlo.

L’ambasciaria era di tre personaggi, per onorar il concilio e per aver molti ministri che operassero; ed il numero si onestava, essendo uno per l’Imperio, l’altro per la Spagna, e il terzo per gli altri stati, e nondimeno tutti in solidum per tutti. Il mandato fu segnato sotto il dí 6 luglio, e conteneva: che avendo il pontefice Giulio, per sedar le controversie della religione in Germania, richiamato in Trento per il primo di maggio passato il concilio convocato da Paulo, principiato e intermesso, egli per l’indisposizione sua non potendo ritrovarvisi personalmente, per non mancar del debito ha voluto mandarvi suoi procuratori. Però, confidato della fede, bontá, esperienza e zelo di Ugo conte di Monfort, don Francesco di Toledo e Guglielmo archidiacono di Campagna, li constituisce oratori e mandatari suoi, per conto della dignitá imperiale e