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libro quarto - capitolo i 77


tavio e la Maestá sua nella protezione, almeno le differenzie non uscissero di Parma, come dal canto di Sua Maestá si è uscito con levar li cardinali e prelati da Roma; i quali egli non ha voluto impedir dal partire, sperando che Sua Maestá, esalato il primo sdegno, sarebbe illuminata da Dio a mutar modo.

Li scambievoli uffici e il rispetto del concilio non potêro appresso alcun di questi principi operare che rimettessero niente del rigore. Il consenso universale era favorevole al re; perché, avendo l’imperatore occupato Piacenza, il lasciarli anco Parma era farlo arbitro d’Italia; e pareva indegna cosa che la posteritá di Paulo, che per la libertá d’Italia tanto aveva travagliato, fosse da tutti abbandonata: e se il papa non si doleva che Piacenza fosse occupata e non faceva alcun’instanza per la restituzione, perché dolersi che il duca s’assicurasse di Parma? E questa ragione poteva tanto in alcuni, che tenevano per fermo esser ben intesa da Giulio, ma per far nascere qualche impedimento al concilio, che da lui non procedesse e potesse ad altri esser ascritto, desiderasse la guerra tra il re e l’imperatore. È ben cosa certa che piú frequenti e piú efficaci erano le instanze con Cesare acciò movesse le armi a Parma o alla Mirandola, che gli uffici col re acciò s’accomodasse il negozio. Il re, tentati tutti gli uffici per quietar l’animo del papa, passò all’estremo; che fu, per mezzo di Termes suo ambasciatore, protestare, e particolarmente contra il concilio che s’adunava, sperando che quel rispetto dovesse rimover il papa: della qual protesta, perché dopo fu reiterata in Trento, con quella occasione si dirá il contenuto.

Ma in Germania piú che mai si parlava del concilio. Perché Maurizio duca di Sassonia, veduto la risoluzione di Cesare, e per darli piú sicuro indizio di voler seguir la sua volontá di mandar a Trento, comandò a Filippo Melantone e alcuni altri teologi suoi di metter insieme li capi della dottrina da proponer in concilio, e congregar tutti li dottori e ministri del suo stato in Lipsia per esaminarla; e Cristoforo duca di Virtemberg, poco fa successo al padre, fece da’ suoi