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libro quarto - capitolo i | 75 |
rale. Il papa s’offeriva far per il re tutte le cose, eccetto
quello che egli desiderava. Ed essendo tra lui e l’ambasciatore passati molti ragionamenti, e rappresentatoli che il re
non poteva per alcuna cosa ritirarsi, e che quando Sua Santitá non avesse voluto restar neutrale, ma esser ministro delle
voglie dell’imperatore (dal quale il re era certo che si lasciava
guidare) la Maestá sua sarebbe stata sforzata ad usar quei
rimedi di ragione e di fatto che li suoi maggiori avevano
usato contra li pontefici dimostratisi parziali, si mise il papa
in collera, o pur finse d’esservi entrato, e rispose che se il
re li togliesse Parma, egli leverebbe a lui la Franza; e se li
levasse l’obedienza di Franza, egli leverebbe a lui il commercio di tutta cristianitá; e se trattasse di usar forze, farebbe
il peggio che potesse; se editti, proibizioni e altre tal cose,
li faceva intendere che la sua penna, carta e inchiostro non
sarebbono inferiori. Ma se bene il pontefice parlava cosí alto,
aveva però qualche timore; onde per eccitar l’imperatore gli
fece significare per il vescovo d’Imola suo noncio, che aveva
mandato in luoco del sipontino, tutti li ragionamenti passati
col francese, col dirli appresso che in Roma si stava in dubbio d’un altro sacco per tanti rumori de turchi e francesi, e
si dubitava di concili nazionali. Per il che era necessaria una
buona provvisione di arme per prevenir li tentativi e, quando
la necessitá portasse, per potersi defendere.
Il re, veduto che non era possibile persuader il papa, scrisse una lettera pubblica e comune a tutti li vescovi del suo regno, cosí a quelli che erano in Francia come altrove, che dovessero andar alle loro chiese fra sei mesi, e lá mettersi in ordine per un concilio nazionale. E la lettera fu anco presentata a quelli che si ritrovavano in Roma; né il papa ebbe ardire d’impedirli, dubitando di far danno a loro e interessar maggiormente la propria riputazione. Ma prese ispediente di mandar Ascanio dalla Corgna suo nipote in Francia, con instruzione di far ogni opera per dissuader il re dalla protezione di Parma e farlo capace che, essendo Ottavio Farnese suo feudatario, non poteva in alcun modo comportare