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libro sesto - capitolo x | 505 |
di quello de’ vescovi; considerava che le congregazioni de’
prelati sarebbono pericolose, se l’intervento e presidenza delli
legati non li tenesse in ufficio; li ambasciatori, congregandosi tra
loro, poter trattar cose molto pregiudiciali; esservi pericolo che,
passando inanzi, introducessero dentro anco qualche prelato,
essendone massime tra loro de ecclesiastici, e s’introducesse
una licenza sotto nome di libertá. In questa perplessitá era
sustentato in buona speranza dal vedere che la maggior parte
degli ambasciatori fosse stata contraria alli tentativi proposti,
non vedendosi uniti se non li cesarei e li francesi, li quali
essendo senza prelati propri, poco potevano operare: esser
nondimeno necessario sollecitar il fine del concilio, e conservar la poca intelligenza che s’era veduta tra li ambasciatori. Per il che scrisse immediate che s’attendesse a sollecitar
le congregazioni e a digerire e ordinare le materie; e considerando che il ringraziamento mette in obbligo di perseveranza, diede ordine che per parte sua fossero lodati e ringraziati affettuosamente il portoghese, lo svizzero e il secretario
del marchese di Pescara di aver ricusato di consentire con gli
altri all’impertinente proposta. Alli veneti e al fiorentino fece
render grazie della buona intenzione mostrata ricusando d’intervenir in congregazione, facendoli anco pregare che, se all’avvenire fossero richiesti, non ricusassero, poiché poteva
tenir per certo che la loro presenza sarebbe sempre per
giovar alle cose della sede apostolica e impedir li mali disegni d’altri. Né s’ingannò il pontefice del suo pensiero; imperocché da tutti tirò parole che avevano in quella maniera
operato, conoscendo che in quei tempi il servizio divino vuole
che sia difesa l’autoritá pontificia, e in tal risoluzione averebbono perseverato: e testificarono di sentirsi maggiormente ubbligati per li cortesi ringraziamenti di Sua Santitá, di quello
che per debito avevano operato.
fine del secondo volume