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libro sesto - capitolo viii 443


VII. Se il canone della messa contiene errori e debbia esser abrogato.

Vili. Se è dannabile il rito della Chiesa romana di prononciar in secreto e sotto voce le parole della consecrazione.

IX. Se la messa debbia esser celebrata solo in lingua volgare, la qual da tutti sia intesa.

X. Se l’attribuir determinate messe a determinati santi sia abuso.

XI. Se si debbia levar via le ceremonie, vesti e altri segni esterni, che la Chiesa usa nel celebrar la messa.

XII. Se il dire che il Signore sia misticamente sacrificato per noi sia l’istesso come dire che egli ci sia dato da mangiare.

XIII. Se la messa sia sacrificio di lode e di rendimento di grazie, o vero ancora propiziatorio per li vivi e per li morti.

A questi articoli era soggionto che li teologi dicessero se erano erronei o falsi o eretici, e se meritavano esser dalla sinodo condannati; e che se li dividessero tra loro, sí che li diciassette primi parlassero sopra li sette articoli anteriori, e gli altri sopra li sei seguenti.

Alli ambasciatori francesi parve sempre dimorar nel concilio con poca riputazione rispetto agli altri; ma uscito il decreto sopraddetto, maggiormente entrarono in gelosia, poiché delli teologi s’aveva a far menzione quali di qual re erano, cosa che dalli prelati non si faceva; e per Francia alcuno non era per intervenire. Dubitavano anco che con questo potesse nascere qualche pregiudicio alle prerogative del regno. Però allora immediate, e dopo ancora con altre occasioni, avvisarono in Francia che la disputa passerebbe tra soli italiani, spagnoli e portoghesi, che Francia non averebbe parte se Sua Maestá non avesse fatto accelerar alcun prelato e dottore, e massime dovendosi trattar materie cosí importanti come li articoli proposti contenevano. Il che anco servirebbe per poter procacciar di ottenere o impedire le cose, secondo il desiderio di Sua Maestá e il contenuto nell’instruzion loro. Che sino a