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408 l'istoria del concilio di trento


la Chiesa ha da Cristo potestá di mutare ie cose accidentali nelli sacramenti, e che all’eucarestia come sacrificio è necessaria l’una e l’altra specie, ma come sacramento una sola, onde ha potuto la Chiesa ordinare di una solamente l’uso: cosa che confermavano, perché la Chiesa quasi nel principio mutò una volta la forma del battesimo per invocazione della Trinitá in sola invocazione di Cristo, e poi ritornò alla instituzione divina. L’altra ragione, che la Chiesa non può errare; ma ella ha lasciato introdur l’uso della sola specie del pane, e finalmente l’ha approvato nel concilio constanziense: adunque convien dire che non vi sia precetto divino o altra necessitá in contrario.

Ma frate Antonio Mondulfo, teologo del vescovo di Praga, avendo prima affermato di sentir con gli altri in questo, che non vi fosse precetto divino, avvertí che era cosí contrario alla dottrina cattolica il dare a’ laici il calice per precetto di Dio, come il negarglielo parimente per precetto: però bisognava metter da canto tutte quelle ragioni che cosí concludevano, e insieme quelle delli discepoli in Emaus e di san Paulo in nave, poiché da quelle si concluderebbe che non fosse sacrilegio il consecrar una specie senza l’altra: che è contra tutti li dottori e ’l senso della Chiesa, e distrugge la distinzione portata dell’eucarestia come sacramento e come sacrificio. Quella distinzione ancora di comunione laica e clericale esser chiaro nell’ordinario romano che era diversitá de luochi nella Chiesa, non di sacramento ricevuto; oltre che questa ragione concluderebbe che non li soli celebranti, ma tutto il clero avesse il calice. Dell’autoritá della Chiesa in mutar le cose accidentali dei sacramenti non si poteva dubitare, ma non era tempo di metter adesso a campo se il calice sia accidentale o sustanziale. Concludeva che questo articolo si poteva tralasciare, come giá deciso dal concilio constanziense, e trattar accuratamente il quarto e quinto; perché concedendo il calice a tante nazioni che lo ricercano, tutte le altre dispute sono superflue, anzi dannose. In questa medesima sentenza parlò anco fra’ Giovanni Paulo, teologo del Cinquechiese; e