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libro sesto - capitolo iv 385


Cardinal di Mantoa fece constante resistenza, per non far una tanta ingiuria all’imperatore senza necessitá; e trovò temperamento di quietare li spagnoli, con dire che, avendo giá tenuto due sessioni senza far di questa proposta menzione, non sará alcun pregiudicio differir anco ad un’altra. La risoluzione delli ambasciatori cesarei di partirsi e l’ufficio del cardinale fecero che il Pescara remissamente procedesse; e opportunamente vennero littere da Luigi di Lansac, principale dell’ambasciaria mandata al concilio dal re di Francia, che, essendo in viaggio non molto lontano, scrisse alli legati e padri pregando che la sessione si prolongasse sino all’arrivo suo e dei colleghi; onde il Mantoa si valse anco di quell’occasione di metter in consulta la prorogazione, nella quale chi per uno chi per piú di questi rispetti, e chi considerando non esser ancora ben quieti li umori della residenza, se ne contentarono; e risolsero, per servar la dignitá della sinodo, non di prolongar la sessione, ma celebrarla senza proponere materia alcuna.

Venuto il giorno 14, con le solite ceremonie si ridussero nella pubblica sessione, dove, cantata la messa e fatte le altre preghiere costumate, il segretario lesse li mandati de’ principi, secondo l’ordine che gli ambasciatori loro s’erano presentati in congregazione: del re cattolico, di Fiorenza, de’ svizzeri, del clero d’Ongaria e de’ veneziani; e il promotore in poche parole ringraziò tutti quei principi di aver offerto le loro forze per sicurtá e libertá del concilio. Doppoi il vescovo celebrante prononciò il decreto in questa sustanza: che la sinodo ha deliberato di prolongare, per alcune giuste e oneste cause, la promulgazione di quei decreti, che era ordinata per quel giorno,

sino a’ 4 di giugno, nel qual giorno intima la seguente sessione. Né altro in quell’adunanza fu fatto.


Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - ii 25