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libro sesto - capitolo i 327


Cicerone, solito di biasmar Catone che, vivendo in un secolo corrottissimo, nelle deliberazioni era cosí severo e rigido come un senatore della repubblica di Platone; che le leggi si doveva cercar d’accomodarle al tempo e alle persone, sí come la calza al piede; che si metteva in deliberazione allora questo particolare, se era servizio del re permetter o proibire le congregazioni de protestanti: nel che non si aveva da disputar qual religione fosse migliore, non trattandosi di formar una religione, ma di ordinar una repubblica: non esser cosa assurda che molti siano buoni cittadini e non buoni cristiani, e che si possi vivere in pace anco tra quelli che non hanno le cose sacre comuni.

Andando attorno la consulta, furono vari li pareri; ma superò quello che giudicava doversi-relasciar in parte l’editto di luglio e conceder ai protestanti libertá di predicare. Fu formato un editto, al che intervennero anco li cardinali di Borbon, di Tornon e di Sciatiglion, e li vescovi d’Orliens e Valenza, con molti capi: che li protestanti restituissero le chiese, possessioni e altri beni ecclesiastici occupati; che s’astenessero dall’abbatter croci, immagini e chiese, sotto pena della vita; che non possino congregarsi a prediche o preghiere, o amministrar sacramenti in pubblico o in secreto, di dí o di notte, nelle cittá; che si soprassedi, e restino suspese le proibizioni e pene dell’editto di luglio e qualunque altre precedenti; che al far le prediche fuori delle cittá non siano molestati, né li magistrati possino inquietarli o impedirli, ma debbiano in questo defenderli da ogni ingiuria, castigando i sediziosi dell’una e l’altra religione; che nessuno provochi l’altro per causa di religione o usi le contumeliose parole di fazione; che li magistrati e ufficiali possino esser presenti alle prediche e congregazioni; che non possino far sinodi o colloqui o consistoro, se non con licenza o presente il magistrato; osservino le leggi civili delle ferie e delli gradi proibiti nelli matrimoni; li ministri siano tenuti giurar nelle mani degli ufficiali pubblici di non contravvenir a quell’editto, né predicar dottrina contra il simbolo niceno e li libri del novo e vecchio Testamento.