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306 | l'istoria del concilio di trento |
né mandare danari fuori del regno per impetrare benefici o
altre grazie a Roma; il che penetrato dal parlamento, che sino
a quel tempo non aveva pubblicato li decreti suddetti, acciò
che il cardinale non ottenesse quello che disegnava, li pubblicò sotto il 13 settembre, e fece anco risoluzione di non
conceder al legato che potesse usare le facoltá dategli dal
pontefice. Imperocché è costume di quel regno che un legato
non può esercitare l’officio, se le facoltá sue non sono prima
presentate ed esaminate in parlamento, e per arresto di quello
regolate e moderate, e in quella forma confermate per un
breve del re; laonde, quando la bolla delle facoltá della legazione fu presentata a fine di essere, come dicono, approbata,
fu negato apertamente dal cancelliero e dal parlamento che la
potesse usare, allegando che giá era deliberato di non usar
piu dispense contra le regole dei Padri, né collazioni de benefici contra i canoni. Sostenne anco il cardinale un maggior
affronto, ché furono composte e affisse in pubblico, e disseminate per tutta la corte e la cittá di Parigi, pasquinate sopra
li amori di Lucrezia Borgia sua madre e di Alessandro VI
pontefice, suo avo materno, con repetizione delle obscenitá
divulgate per tutta Italia nei tempi di quel pontificato, che
posero il cardinale in deriso della plebe.
La prima impresa di negozio che il cardinale tentò fu d’impedire le prediche de’ reformati (datisi dopo il colloquio a predicare piú liberamente) con offici e persuasioni e secrete promesse alli ministri. E perché non aveva credito con loro, per esser parente delli Ghisi, per le qual cause anco era in sospetto appresso tutta la parte contraria a quella casa, per rendersi confidente praticava anco co’ nobili della fazione ugonotta, e si trovava alli loro conviti, ed alcuna volta in abito di gentiluomo intervenne alle prediche; il che portò nocumento, stimando molti che come legato lo facesse di volontá del pontefice; e la corte romana sentí molto male le azioni del cardinale.
La regina di Francia, intendendo che il re di Spagna sentiva male del colloquio, mandò espresso Giacomo Momberone