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libro quinto - capitolo vii 293


Ma mentre il legato s’invia, successe accidente che fece temere li piú intimi del re, non meno dalli cattolici che dagli altri, avendo scoperto pessimi pensieri, con occasione che a’ 14 luglio fu preso appresso a Orliens Arturo Desiderio, il quale con una supplica s’inviava in Spagna, scritta per nome del clero di Francia, nella quale dimandava l’aiuto di quel re contra li protestanti, che non potevano esser repressi con gagliardi rimedi da un putto e una donna, e con altre istruzioni in cifra piú secrete da trattare con quella Maestá. Questo impregionato e interrogato dei complici, e manifestato alquanti (quali era cosa pericolosa scoprire), si deliberò che quanto ai complici non fosse da passar piú inanzi: fu condannato a far in pubblico emenda onorevole e stracciar la supplica, e a pregion perpetua nel monasterio de’ certosini. E riscontrato molti degl’indici dal reo manifestati, il conseglio regio giudicò necessario dar qualche sodisfazione all’altra parte. Onde fece il re un editto, proibendo i vocaboli de ugonotti e papisti, ordinando che, sotto pretesto di scoprir le congregazioni proibite per causa di religione, nessun potesse entrar né con pochi né con molti in casa d’altri; che li pregioni per causa di religione fossero liberati, che li fuorusciti sino al tempo di Francesco I potessero ritornare e racquistar i suoi beni, vivendo cattolicamente; e non volendo cosí vivere, potessero vender li loro beni e andar altrove.

A questo il parlamento di Parigi s’oppose, con dire che pareva concessa una libertá di religione, cosa in Francia insolita; che il tornar de fuorusciti sarebbe occasione di gran turbe, e che la facultá di vender i beni e andar altrove era contra gl’instituti del regno, che non concede portar fuori dinari in quantitá. Ma, con tutte queste opposizioni, l’editto fu messo in esecuzione, vuotate le pregioni e tornati li esuli; onde cresciuto il numero, e facendosi piú reduzioni e piú numerose del solito, per rimediarvi con maturo conseglio d’uomini periti di stato e di giustizia, il re con la regina e li principi andarono in parlamento. Propose il cancelliero che non si aveva da parlar