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libro quinto - capitolo v | 263 |
con grand’allegrezza degli abitanti. A questi si oppose Giacomo Maria vescovo di Viviers, vicelegato d’Avignone, e
difficilmente conservò la cittá; onde il papa restava molto
afflitto, non piú per la perdita delle terre che per la causa
che, presa in esempio, toccava la radice del pontificato. Per
provvisione voleva che il Cardinal Farnese, essendo legato,
andasse in persona alla defesa di quella cittá; ma il male si
moderò, perché il Cardinal di Tornon, che appunto allora
andando alla corte non era molto lontano di lá (del quale
Montbrun aveva una nepote in matrimonio), con prometterli
la restituzione delli beni, confiscati per la rebellione, e la grazia
del re, se uscisse di Francia, con speranza che lo farebbe
anco in breve richiamare con libertá di conscienzia, lo fece
desistere e passar a Genéva; onde le terre del pontefice, private di quella protezione, restarono soggette, ma piene di
sospezione e pronte ad ogni altra novitá.
In Francia, crescendo ogni giorno maggiormente il numero de’ protestanti e (quel che piú importava) le dissensioni e sospetti tra li grandi, nel 1560, 21 agosto, il re convocò una numerosa assemblea a Fontanableò. La qual congregata, esortati li intervenienti in poche parole a dir quello che giudicassero esser di servizio, dal cancelliero furono esposti li bisogni del regno, comparato da lui ad un infermo del quale il male sia incognito. E dopo qualche cose dette, Gasparo Coligni, accostatosi al re, li porse alcune suppliche, dicendo esserli state date da moltitudine d’uomini quando era in Normandia, a’ quali non potè negar questa grazia di presentarle alla Maestá sua. Quelle lette, la somma era: che li fedeli cristiani dispersi per tutto il regno pregavano Sua Maestá di guardarli con occhio benigno; essi non desiderar altro se non moderazione delle crudeli pene, sin che la causa loro sia conosciuta. Dimandar facoltá di professare la sua religione in pubblico, per non dar alcuna suspizione con le congregazioni private. Allora Giovan Montluc vescovo di Valenza, avendo narrate le infirmitá del regno e lodato l’esempio d’aver castigato li sediziosi, soggionse che rimaneva la causa del male,