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libro quinto - capitolo iv 255


Aveva il pontefice gettata la proposta di far guerra a Genéva non tanto per l’odio di quella cittá, come seminario d’onde uscivano li predicatori zuingliani per Francia, né per timore di qualche novitá in Italia, quanto anco per allongar trattazione di concilio generale. Perché se la guerra fosse accesa, sarebbe qualche anni durata; e tra tanto s’averebbe posto in silenzio, o ver trovato buona forma al concilio. Ora vedendo che la proposta non aveva fatto presa, e che tuttavia li francesi perseveravano nella deliberazione del concilio nazionale, pensò che fosse necessario non differir la risoluzione del generale, e fermar li francesi con questo e con qualche concessione di quello che richiedevano. Ne conferí con li cardinali piú intimi, particolarmente intorno al luoco, cosa che sopra il tutto pareva importare, producendo in fine il concilio gli effetti secondo la mente di quello che è il piú forte nel luoco dove si celebra. Volontieri averebbe proposta Bologna o altra delle sue terre, con offerir d’andarvi in persona; ma in questo non si fermò, ben vedendo che sarebbe dal mondo interpretato troppo in sinistro. Cittá alcuna di lá da’ monti era risoluto non accettare, né manco ascoltarne la proposta. Il Cardinal Paceco gli nominò Milano, ed egli condescese; con questo però, ch’avesse il castello in mano mentre il concilio si celebrava, che era un rimettersi a condizione impossibile. Applicò anco l’animo ad alcuna delle cittá veneziane; ma quella republica si scusava per non dar ombra alli turchi, delle forze de’ quali allora si temeva. Tutto pensato, non trovò piú opportuno luoco che Trento; poiché essendosi giá due volte tenuto in quel luoco, ognuno aveva con esperienza veduto quello che vi era di buono e di contrario, e per ciò esser piú facile che tutti convenissero in questo che in altro luoco. Vi era anco l’apparenza di ragione, perché il celebrato sotto Giulio non era finito, ma restava sospeso. A’ francesi consultò di sodisfare mandando in Francia il Cardinal Tornone, non in qualitá di legato, ma con facoltá che, quando fosse quivi e vedesse il bisogno, potesse congregar alcuni delli prelati del regno, quelli che fosse parso al re e