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libro quinto - capitolo ii 219


offensive, di propulsar l’ingiuria, il papa rimandò risposta che era principe libero e a tutti gli altri superiore, non obbligato a render conto ad alcuno, ma con potestá di dimandar conto ad ogni principe; che aveva potuto trattener e veder le lettere di qualsivoglia, avendo indici che fossero a danno della Chiesa; che se Garcilasso avesse fatto ufficio d’ambasciatore, non gli sarebbe avvenuta cosa sinistra; ma avendo tenuto mano a trattati, mosse sedizioni e macchinato contra il principe a cui era mandato, aveva mal operato come privato, e come tale voleva punirlo; che egli per qual si voglia pericolo non mancherebbe mai alla dignitá della Chiesa e alla difesa di quella sede, rimettendo tutto a Dio, dal quale era posto a guardiano del gregge di Cristo.

E continuando tuttavia il papa a provvedersi, il duca d’Alva, risoluto che meglio fosse assaltare che esser assaltato, mandò di novo a protestarli che, avendo il re sostenuto tante ingiurie e conoscendo la mente di Sua Santitá di volerli levar il regno di Napoli, e tenendo per certo che ha perciò fatto lega coi suoi nemici, non poteva il re continuar con esso lui in quella maniera; però, se Sua Santitá voleva la guerra, gliel’annonciava, e presto l’averebbe mossa, protestando dei danni, e voltando sopra esso pontefice la colpa; ma se anco voleva una buona pace, gliel’offeriva con ogni prontezza. Ma mostrando il papa di voler pace, non rispondendo però se non parole generali e interponendo tempo, il 4 settembre diede il duca alla guerra principio; nella quale in quell’anno 1556 prese quasi tutta la Campagna, tenendola per nome del futuro pontefice, e si accostò a Roma cosí vicino, che pose in terrore tutta quella cittá, e si diedero tutti a munirla e fortificarla. E il pontefice, per insegnar alli governatori dei luochi quello che debbono fare in tal casi, costrinse tutti li religiosi, di qual stato e qualitá si fosse, a portar terreno con la zerla in spalla per edificar li baloardi. Tra gli altri luochi che avevano bisogno di terrapieno, uno era appresso alla Porta del Populo che termina la via di Flaminia, dove è una chiesa della Madonna di molta devozione; la quale volendo spianare, il duca d’Alva mandò