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libro quarto - capitolo iii 135


III. Che il rito usato dalla chiesa romana sia contrario al detto di san Giacomo, e possi esser sprezzato senza peccato.

IV. Che il solo sacerdote non sia ministro, e che san Giacomo intendesse delli vecchi di etá, e non delli sacerdoti ordinati dal vescovo.

Ma se alcuno si maravigliasse perché nel primo capo della dottrina di questo sacramento sia detto che egli è da Cristo nostro Signore in san Marco «insinuato» e in san Giacomo «pubblicato», dove la antecedenza e la consequenza delle parole portava che non si dicesse «insinuato» ma «instituito», saperá che cosí fu primieramente scritto; ma avendo un teologo avvertito che li apostoli, delli quali san Marco dice che ongevano gli infermi, in quel tempo non erano ordinati sacerdoti, tenendo la chiesa romana che il sacerdozio gli fosse conferito solo nell’ultima cena, pareva cosa ripugnante affermare la onzione che essi davano esser sacramento, e che li soli sacerdoti siano ministri di quello. Al che se ben alcuni, tenendo quella per sacramento, e volendo che allora da Cristo fosse instituita, rispondevano che avendoli Cristo comandato di ministrar quell’onzione, li aveva fatti sacerdoti quanto a quell’atto solamente, sí come se il papa comandasse ad un semplice prete di dar il sacramento della cresma, lo farebbe vescovo quanto a quell’atto; nondimeno parve troppo pericolosa cosa raffermar questo assolutamente. Per il che in luoco della parola institutum fu presa quell’altra insinuatum; la qual che cosa possi significare in tal materia, lo giudicherá ognuno che intenda quello che sia «insinuare», e l’applichi a quello che gli apostoli operarono allora con quello che da san Giacomo fu comandato, e alla determinazione fatta da questo concilio.