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118 l'istoria del concilio di trento


VI. Che Cristo nell’eucaristia non debbia esser adorato di onor di latria e venerato con una festa particolare e portato in processione, ed esposto in luoco pubblico per esser adorato, o vero che li adoratori siano idolatri.

VII. Che non sia lecito servarla in luoco sacro, ma convenga distribuirla agli astanti; o vero che non sia lecito portarla onorevolmente agl’infermi.

VIII. Che Cristo nell’eucaristia sia mangiato solo spiritualmente, e non sacramentalmente e realmente.

IX. Che li fedeli adulti non siano tenuti ogni anno almeno a la Pasca comunicarsi.

X. Che non sia lecito al sacerdote che celebra comunicar se stesso.

XI. Che la sola fede è sufficiente preparazione per riceverlo. Dechiarando in fine che la preparazione debbe essere per mezzo della confessione sacramentale, avendo per scomunicato chi insegnerá, predicherá, affermerá pertinacemente o defenderá in pubblica disputa il contrario.

Il decreto della riforma contiene prima una longa ammonizione alli vescovi di usar la giurisdizione con moderazione e caritá, poi determina che nelle cause di visita, correzione e inabilitá, e nelle criminali, non si possi appellare dal vescovo o suo vicario generale inanzi la difinitiva, o vero da gravame irreparabile; e quando vi sará luoco di appellazione e s’averá da commettere per autoritá apostolica in partibus, non sia commessa ad altri che al metropolitano o suo vicario; o vero quando egli fosse suspetto o troppo lontano, o da lui fosse appellato, non sia commessa se non ad un vescovo vicino o ad un vicario. Che il reo appellante sia tenuto nella seconda instanzia produr gli atti della prima, dovendogli esser dati in termine di trenta giorni senza pagamento. Che il vescovo o il suo vicario generale possi proceder contra ciascuno alla condennazione e deposizion verbale, e possi anco degradar solennemente coll’assistenzia di tanti abbati di mitra e pastorale, se ne averá, o vero di altre dignitá ecclesiastiche, di quanti vescovi la presenza dai canoni è ricercata. Che il