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libro quarto - capitolo iii 117


agl’infermi è cosa costumata antichissimamente, oltra che è ragionevole e in molti concili comandata. E se non conviene che sia trattata alcuna cosa santa senza santitá, tanto piú non si potrá andar a questo sacramento senza gran reverenzia e fatta prova di se stesso; la qual prova ha da essere che nessun, avendo peccato mortalmente, se ben contrito, lo ricevi senza la confessione sacramentale. Il che debbia osservar eziandio il sacerdote che ha da celebrare, purché abbia comoditá di confessore; e non l’avendo, debbia confessarsi immediate dopo. Insegna ancora esservi tre modi di ricever l’eucaristia. Uno, solo sacramentalmente, come fanno li peccatori; l’altro, spiritualmente, come di quelli che lo ricevono con fede viva e desiderio; il terzo, in tutti doi i modi insieme, come da quelli che, provati nel modo di sopra detto, vanno a quella mensa. E per tradizione apostolica si ha, e cosí si debbe servare, che li laici ricevino la comunione dai sacerdoti, e li sacerdoti comunichino se medesimi. In fine prega la sinodo tutti i cristiani che convengano in questa dottrina.

Dopo finito il decreto furono letti li undici anatematismi.

I. Contra chi negherá che nell’eucaristia si contenga vera, real e sustanzialmente il corpo e il sangue con l’anima e la divinitá di Cristo, cioè tutto Cristo intiero; ma dirá che sia solamente come in segno, o figura, o virtú.

II. Che nell’eucaristia resti la sustanzia del pane e del vino col corpo e sangue di Cristo, o vero negherá quella mirabile conversione di tutta la sustanzia del pane in corpo e del vino in sangue, restandovi solamente le specie; qual conversione la Chiesa chiama transustanziazion appositissimamente.

III. Che nel sacramento dell’eucaristia sotto ciascuna specie e sotto ciascuna parte, fatta la separazione, non si contenga tutto Cristo.

IV. Che, fatta la consegrazione, non vi sia se non in uso, e non inanzi o dopo, e che non vi rimanga nelle particole che restano dopo la comunione.

V. Che il principal frutto dell’eucaristia sia la remission delli peccati, o ver che altro effetto in quella non nasca.