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libro secondo - capitolo x 425


VI. Che il battezzato non può perder la grazia, se ben pecca, pur che non resti di credere.

VII. Che li battezzati sono debitori di creder solamente, e non di servar la legge di Cristo.

VIII. Che non sono tenuti a servar li precetti della Chiesa.

IX. Che per la memoria del battesmo tutti li voti dopo fatti si conoscono per nulli, come deroganti alla fede e professione battesmale.

X. Che li peccati dopo il battesmo commessi, per la fede e memoria di esso, sono rimessi o fatti veniali.

XI. Che si debbe rinnovar il battesmo a quello che averà negato la fede.

XII. Che nessun debbe esser battezzato, se non nell’etá di Cristo o nel tempo della morte.

XIII. Chi non mette in numero delli fedeli i putti battezzati, o dice che convien rebattezzarli negli anni della discrezione, o che sia meglio tralasciar il battesmo loro.

XIV. Che li battezzati in puerizia, venuti in etá, debbino esser ricercati di ratificar la promessa per nome loro fatta; e non volendo, lasciarli nel loro arbitrio, non costringendoli alla vita cristiana, se non con la proibizione degli altri sacramenti.

Della confirmazione i canoni furono tre:

I. Contra chi dice che è ceremonia oziosa, non sacramento propriamente, o vero che giá era, a fine che li putti dassero conto in pubblico della loro fede.

II. Che il dar virtú al cresma sia far ingiuria allo Spirito Santo.

III. Che ogni semplice sacerdote sia ministro ordinario della confirmazione, e non il solo vescovo.

Fu letto dopo il decreto della riforma, dandogli negli atti titolo: Canone sopra la residenza; e conteneva in sustanza:

I. Che nessuno sia creato vescovo, se non di legittimo matrimonio, di etá matura, scienza di lettere e gravitá di costumi.