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religione, e stimato anco dagli esteri». Appresso furono portate altre condizioni requisite da molti canoni; né in questo occorse alcuna contenzione, declamando tutti concordamente contra li vizi e defetti de’ prelati e dell’ordine ecclesiastico; il che non dispiaceva alli legati, vedendo volentieri li prelati a trattenersi con questa immagine di libertá. Ma nel fervore del parlare, Gioanni Salazar vescovo di Lanciano attribuí l’origine del male alla corte romana, la quale nella distribuzione de’ vescovati avesse mira non alla sufficienza delle persone, ma alli servizi ricevuti. A che replicò con molto senso il vescovo di Bitonto, che poco dopo lui parlò, dicendo che immeritamente a quella corte era attribuito quello che veniva per colpa altrui, poiché in Germania ancora li vescovati si danno per elezione; in Francia, Spagna e Ongaria per nominazione regia; in Italia molti sono de iure patronatus, ed anco nelli liberi li principi vogliono sodisfazione, e con le raccomandazioni, che sono preghiere a quali non si può dar la negativa, levano la libertá al pontefice; e chi vorrá non correr dietro all’opinione né lasciarsi trasportar da affetti, ma con sincero giudicio risguardar, vederá che li vescovi fatti liberamente a Roma sono forse li migliori di tutta Europa. Che la pluralitá de’ benefici, male incognito all’antichitá prima, non è stato introdotto dalla corte di Roma, ma dalli vescovi e principi, inanzi che li pontefici assumessero il carico di regolare la materia beneficiale in tutta cristianitá, senza le provvisioni de’ quali, che si vedono nel Corpo canonico, il disordine sarebbe gionto al colmo. Fu udita questa contenzione con piacere e dispiacere, secondo li affetti: ma ben ognuno scopriva che tal materia non si poteva maneggiare senza pericolo, come mostrarono le trattazioni delle seguenti congregazioni.

Ma perché questo particolare merita esser ben inteso, sará cosa giovevole narrar l’origine dell’abuso, e come sia pervenuto a questo colmo. Tralasciato di parlar di quei felici tempi quando il nome di Chiesa era comune a tutta l’adunanza de’ fedeli, alla quale ancora apparteneva l’uso e il dominio delli