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366 l'istoria del concilio tridentino


per via unica e principale d’acquistar il cielo, tirar in sé prima tutta la giurisdizione, e finalmente in consequenza tutto l’imperio.

Del decreto della riforma si diceva esser una pura e mera illusione; perché il confidar in Dio e nel papa che sarebbe provvisto di persone degne al governo delle chiese è opera piú tosto di chi facesse orazione che di riformazione. L’innovare li antichi canoni con una parola sola e cosí generale era confermarli nell’introdotta dissuetudine maggiormente, che volendo restituirli da dovero, bisognava levar le cause che gli hanno posti in oblivione e darli vigore con pene e deputazione d’esecutori, e altre maniere che introducono e conservano le leggi. In fine non aversi altro operato, se non stabilito che, col perdere la metá delle entrate, si possi star assente tutto l’anno; anzi insegnato a starvi per undici mesi e piú senza pena alcuna (interponendo quei trenta o meno giorni nel mezzo dell’altro tempo dell’anno), e destrutto anco a fatto il decreto con l’eccezione delle giuste e ragionevoli cause: quali chi sará cosí semplice che non sappia fare nascere, dovendo avere per giudici persone a chi mette conto che la residenza non si ponga in uso?

Questo luoco ricerca che si faccia menzione d’un particolare successo, il quale incominciato in questo tempo, se ben non ebbe fine se non dopo quattro mesi, appartiene tutto alla presente sessione; e a penetrare che cosa fosse allora il concilio di Trento, e che opinione avessero di lui quelle medesime persone che vi intervenivano. Per intelligenza del quale non resterò di replicare che fra’ Dominico Soto, tante volte di sopra nominato, quale ebbe gran parte, come s’è detto, nella formazione del li decreti del peccato originale e della giustificazione, e che avendo notato tutti li pareri e le ragioni che furono usate in quelle discussioni, pensò di comunicarle al mondo e tirare le parole del decreto al suo proprio senso, mandò in stampa un’opera continente il tutto intieramente, intitolandola De natura et gratia; e quella dedicò con una epistola alla sinodo, per esser (cosí egli nella dedicatoria