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356 l'istoria del concilio tridentino


controversie, questo bastava per concludere esser utile a lui il farlo, dovendo esser contrari li consegli di chi ha contrari fini. Vedeva bene che l’imperatore l’averebbe ricevuto per offesa grave; ma giá alli disgusti poco si poteva aggiongere; ed era il papa solito, quando nelle deliberazioni si trovava serrato tra le ragioni che lo confortavano o dissuadevano, ad usar il motto fiorentino: «Cosa fatta capo ha», e dare mano all’esecuzione della parte necessaria. Però alle feste di Natale scrisse alli legati che facessero la sessione e pubblicassero li decreti giá formati. Il qual comandamento ricevuto, fecero congregazione il di 3 gennaro: nella quale, dopo aver deliberato che s’intimasse la sessione per il 13, con parer e piacer concorde di tutti, essendo ad ognuno venuto a noia lo star tanto tempo senza resolver niente, proposero li legati di pubblicar li decreti formati. Quanto a quelli della fede, li prelati imperiali s’opponevano, con dire che non era ancora opportunitá e bastava pubblicar la riforma; ma li pontifici instavano in contrario, allegando esser giá noto a tutto il mondo che per sette mesi s’aveva assiduamente ventilata la materia della grazia e giustificazione, ed era anco il decreto stabilito; che sarebbe con detrimento della fede, quando il mondo vedesse il concilio temer di pubblicare quella veritá che era decisa. E per esser questi in numero molto maggiore, l’opinione loro, aiutata dall’autoritá delli legati, superò. Le due seguenti congregazioni furono consumate in releggere li decreti cosí di fede come di riforma: li quali, accomodate qualche leggier cosuccie, secondo l’avvertimento di quelli che non erano intervenuti prima, a tutti piacquero.

Con le solite ceremonie andati alla chiesa li legati con li prelati, il giovedí 13 gennaro, giorno destinato per il pubblico consesso, si tenne la sessione: dove cantò la messa Andrea Cornaro, arcivescovo di Spalato, e fece il sermone Tomaso Stella, vescovo di Salpi, e furono letti li decreti della fede e della riforma.

Il primo conteneva sedici capi con loro proemio e trentatré anatematismi. In sostanza, dopo d’aver proibito credere