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libro secondo - capitolo v | 313 |
di sant’Ambrosio, di san Prospero, di sant’Anselmo e d’altri
Padri; adduceva Gregorio d’Arimini e il Cardinal roffense,
che nel libro suo contra Lutero senti apertamente l’istesso.
Diceva esser meglio seguir li Padri che li scolastici contrari
l’un all’altro, e che conveniva camminar col fondamento delle
Scritture, dalle quali s’ha la vera teologia, e non per le arguzie
della filosofia, per quali le scole hanno camminato; che esso
ancora era stato di quella opinione, ma studiate le Scritture
e li Padri, aveva trovato la veritá. Si valeva del passo dell’Evangelio: «L’arbore cattivo non può far frutti buoni»,
con l’amplificazione che soggionse nostro Signore, dicendo:
«O vero fate l’arbore buono e li frutti buoni, o l’arbore
cattivo e li frutti cattivi». Si valeva sopra li argomenti con
grande efficacia del luoco di san Paulo: «Che agl’infedeli
nessuna cosa può esser monda, perché è macchiata la mente
e conscienza loro».
Ouesta opinione era impugnata dal Soto con molta acrimonia, passando anche allo sgridarla per eretica, perché inferiva che l’uomo non fosse in libertá di far bene e che non potesse conseguir il suo fine naturale: che era negar il libero arbitrio con li luterani. Sosteneva egli poter l’uomo con le forze della natura osservare ogni precetto della legge quanto alla sustanza dell’opera, se ben non quanto al fine; e questo tanto esser abbastanza per evitar il peccato. Diceva esser tre sorti d’opere umane: una, la transgressione della legge, che è peccato; l’altra, l’osservazione di essa per fine di caritá, e questa esser meritoria e a Dio grata; la terza intermedia, quando la legge è ubidita quanto alla sustanza del precetto, e questa è opera buona, morale e nel suo genere perfetta, e che accomplisce la legge e fa ogni opera moralmente buona, cosí schivando ogni peccato. Moderava però quella tanta perfezione della nostra natura con aggiongere che altro fosse guardarsi da qualonque peccato, che da tutti i peccati insieme; dicendo che può l’uomo da qualonque guardarsi, ma non da tutti, con l’esempio di chi avesse un vaso con tre forami che, avendo due mani sole, non può otturarli tutti, ma ben qualonque di essi vorrá, restandone per necessitá uno aperto.