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libro secondo - capitolo iii 243


Altri erano di parere che tre ordini fossero stabiliti: il primo di quelli che sempre furono tenuti per divini; il secondo di quelli che altre volte hanno ricevuto dubbio, ma per uso ottenuto autoritá canonica (nel qual numero sono le sei Epistole e Apocalisse del novo Testamento e alcune particole degli Evangelisti); il terzo di quelli che mai sono certificati, quali sono li sette del vecchio Testamento ed alcuni capi di Daniele e di Ester. Altri riputavano meglio non far alcuna distinzione, ma imitar il concilio cartaginense e li altri, ponendo il catalogo senza dire piú parole. Un altro parere fu che si dichiarassero tutti in tutte le parti, come si ritrovano nella Bibbia latina, esser di divina e ugual autoritá. Maggior pensiero diede il libro di Baruch, il quale non è posto in numero né da laodiceni, né da cartaginesi, né dalli pontefici romani, e si sarebbe tralasciato cosí per questa causa, come perché non si sapeva trovar il principio di quel libro; ma ostava che nella Chiesa se ne legge lezione: ragione stimata cosí potente, che fece risolver la congregazione con dire che dagli antichi fu stimato parte di Geremia e compreso con lui.

Nella congregazione del venere 5 marzo, essendo andato avviso che li pensionari del vescovo di Bitonto dimandavano in Roma d’esser pagati, e per questo l’avevano fatto citar inanzi l’auditore, facendo instanza che fosse costretto con scomuniche e altre censure, secondo lo stile della corte, a far il pagamento, egli si lamentava, dicendo che li pensionari suoi avevano ragione, ma né egli aveva il torto, perché stando in concilio non poteva spender meno di seicento scudi all’anno, e detratte le pensioni, non ne restava a lui piú che quattrocento; onde era necessario che fosse sgravato, o sovvenuto delli altri duecento. Li prelati poveri, come in causa comune, s’adoperavano in suo servizio, e alcuni di essi passarono in qualche parole alte, dicendo che questo fosse un’infamia del concilio, quando ad un officiale della corte di Roma fosse permesso usare censure contra un prelato esistente in concilio; esser una mostruositá, che averebbe dato da dir al mondo che il concilio non fosse libero; che l’onor di quel consesso