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libro secondo - capitolo iii 241


non dovesse esser scritta, come in alcune false religioni, dove li misteri erano tenuti in occulto né era lecito metterli in scritto, ma solamente insegnarli in voce; e pertanto esser cosa indubitata che quello che hanno scritto gli apostoli e quello che hanno insegnato a bocca è di pari autoritá, avendo essi scritto e parlato per instinto dello Spirito Santo. Il quale però, sì come assistendo loro gli ha drizzati a scrivere e predicare il vero, cosí non si può dire che abbia loro proibito scrivere alcuna cosa per tenerla in misterio: onde non si poteva distinguere doi generi di articoli della fede, alcuni pubblicati con scrittura, altri comandati di comunicar solo in voce. Disse anco che se alcuno fosse di contraria opinione, averebbe due gran difficoltá da superare; l’una in dire in che consiste la differenza, l’altra come li successori degli apostoli abbiano potuto metter in scritto quello che da Dio fu proibito, soggiongendo esser altrettanto dura e difficile da sostenere l’altra, cioè per accidente esser occorso che alcuni particolari non siano stati scritti, poiché derogherebbe molto alla divina provvidenza nell’indirizzare li santi apostoli nella composizione delle scritture del novo Testamento. Pertanto concludeva che l’entrar in questa trattazione fosse un navigar tra Scilla e Cariddi, ed esser meglio imitar li Padri, quali si sono sempre valuti di questo luoco solo nei bisogni, non venendo però mai in parere di formarne un articolo di competenza con la divina Scrittura. Aggionse che non era necessario passar allora a fare nova determinazione, poiché da’ luterani, se ben hanno detto di non voler essere convinti salvo che con la Scrittura, non però è stata formata controversia in questo articolo; ed esser bene attender alle sole controversie che essi hanno promosse, e non metterne in campo di nove, esponendosi a pericolo di far maggior divisione nel cristianesmo.

A pochi piacque l’opinione del frate; anzi dal Cardinal Polo fu ripreso, con dire che quel parere era piú degno d’un colloquio di Germania che condecente ad un concilio universale della Chiesa; che in questo convien aver mira alla veritá

sincera, non come lá dove non si tratta se non d’accordarsi,


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