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192 | l'istoria del concilio tridentino |
ammetter coperta alcuna, perché questo solo partorirebbe ogni
altro buon appontamento. E che quanto a lui, raccordarebbe
a Sua Beatitudine che eleggesse piú presto abbandonare la
Sede e render a san Pietro le chiavi, che comportare che
la potestá secolare arrogasse a sé l’autoritá di terminar le
cause della religione, con pretesto e colore che l’ecclesiastico
avesse mancato del debito suo nel celebrar concilio o in altro.
Intorno al tentativo del viceré, disse l’imperatore che il motivo non veniva d’altronde che da proprio e spontaneo moto, e che quando non avesse avuto urgente ragione si sarebbe rimosso. Sopra l’aprire del concilio non li diede risoluta risposta, ma, parlando variamente, ora disse che sarebbe stato ben incominciarlo in luoco piú opportuno, ora che era necessario inanzi l’apertura fare diverse previsioni: onde il cardinale chiaramente vedeva che mirava a tenere la cosa cosí in suspeso e non far altro, per governarsi secondo li successi, o aprendolo o dissolvendolo. Al non intimar altra dieta per trattar della religione diede risposta generale e inconcludente: che averebbe sempre fatto quanto fosse possibile la stima debita dell’autoritá pontifícia. Ma alla proposta di fare la guerra a’ luterani, rispose esser ottimo il conseglio del pontefice e la via da lui proposta unica; la quale era risoluto d’abbracciare, procedendo però con la debita cauzione, concludendo prima la tregua con turchi, che col mezzo del re di Francia sollecitamente e secretissimamente trattava; e con avvertenza che essendo il numero e il poter de’ protestanti grande e insuperabile, se non si divideranno tra loro o non saranno sprovvistamente soprappresi, la guerra sarebbe riuscita molto ambigua e pericolosa. Che il disegno era da tenersi segretissimo sin che l’opportunitá apparisse; la quale scoprendosi, egli averebbe mandato a trattare col pontefice; tra tanto accettava le oblazioni fattegli.
Oltre questi negozi pubblici, ebbe il cardinale un altro privato di casa sua. Il pontefice, parendoli poco aver dato a’ suoi il ducato di Camerino e Nepi, pensò darli le cittá di
Parma e Piacenza, le quali essendo poco tempo inanzi state