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libro secondo - capitolo i | 177 |
come alcun consegliava, che per degnitá mandassero prima
qualche sostituto a ricevere li primi prelati, per fare poi essi
entrata con incontri e ceremonie, ma che fossero li primi e
giongessero inanzi il tempo. Deputò per legati Giovanni Maria di Monte, vescovo cardinale di Palestrina, Marcello Cervino, prete di Santa Croce, e Reginaldo Polo, diacono di Santa
Maria in Cosmedin: in questo elesse la nobiltá del sangue e
l’opinione di pietá che comunemente si aveva di lui, e l’esser
inglese, a fine di mostrare che non tutta Inghilterra fosse
rebelle; in Marcello la costanza e perseveranza immobile e
intrepida insieme con esquisita cognizione; nel Monte la realtá
e mente aperta, congionta con tal fedeltá alli patroni, che non
poteva [non] preporre li interessi di quelli alla propria conscienzia. Questi spedí con un breve della legazione; e non
diede loro, come si costuma a legati, la bolla della facoltá, né
meno secreta instruzione, non ben certo ancora che commissioni darli, pensando di governarsi secondo che li successi
e gli andamenti dell’imperatore consegnassero; ma con quel
solo breve li fece partire.
Ma oltre il pensiero che il papa metteva allora alle cose di Trento, versava nell’animo suo un altro di non minor momento intorno la dieta che si doveva tenir in Vormazia, alla quale si credeva che l’imperatore non interverrebbe; temendo il papa che Cesare, irritato dalla lettera scrittagli, non facesse sotto mano fare qualche decreto di maggior pregiudicio alle cose sue che li passati, o vero almeno non lo permettesse: per questo giudicava necessario aver un ministro di autoritá e riputazione con titolo di legato in quel luogo; ma era in gran dubbio di non ricever per quella via affronto, quando dalla dieta non fosse ricevuto con l’onore debito. Trovò temperamento di mandar il Cardinal Farnese suo nepote all’imperatore, e farlo passar per Vormazia, e quivi dare gli ordini alli cattolici; e fatti gli uffici opportuni, passar inanzi verso l’imperatore; e fra tanto mandare Fabio Mignanello da Siena, vescovo di Grosseto, per noncio residente appresso il re de’
romani, con ordine di seguirlo alla dieta.
Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - i | 12 |