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libro primo - capitolo v 127


per il 23 maggio dell’anno seguente 1537 in Mantova, luoco abbondante e opportuno per la celebrazione di un concilio; e pertanto comanda alli vescovi e altri prelati di qualunque luoco si siano, per l’obbligo del giuramento prestato da loro e sotto le pene statuite dai santi canoni e decreti, che vi si debbino trovare al giorno prefisso. Prega Cesare e il re di Francia e tutti li altri re e principi, per amor di Cristo e per salute della repubblica cristiana, che voglino trovarvisi in persona, e, non potendo, mandino onorevoli ed ampie ambasciarie, sí come esso Cesare e il medesimo re di Francia e li altri principi cristiani hanno promesso piú volte e a Clemente e a lui; e facciano anco che li prelati dei suoi regni debbino andarvi e starvi sino al fine, per determinare quello che sará opportuno per riforma della Chiesa, estirpazione dell’eresie e per mover la guerra agl’infedeli.

Pubblicò anco il papa un’altra bolla per emendare (come diceva) la cittá di Roma, capo di tutta la cristianitá, maestra della dottrina, dei costumi e della disciplina, da tutti li vizi e mancamenti, acciocché purgata la casa propria, potesse piú facilmente purgare le altre. Al che non potendo attendere solo pienamente, deputò sopra ciò li cardinali ostiense, San Severino, Ginuzio e Simonetta, comandando sotto gravissime pene a tutti di prestare intiera obedienza. Questi cardinali insieme con alcuni prelati, pur dal papa deputati, si diedero immediate a trattare la reformazione della penitenziaria, della dataria e delli costumi de’ cortegiani: però non fu posta cosa alcuna in effetto. Ma l’intimazione del concilio parve ad ogni mediocre ingegno molto poco opportuna, in tempo quando tra l’imperadore e’l re di Francia erano in piedi le guerre in Piccardia, in Provenza e in Piemonte.

Li protestanti, veduta la bolla, scrissero a Cesare che, non vedendosi qual dovesse esser la forma ed il modo del concilio che da loro era stato sempre dimandato pio, libero ed in Germania, e tale sempre promesso, si confidavano che Cesare averebbe provveduto sí che le loro dimande fossero sodisfatte e la sua promessa adempita.