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118 i processi di roma

sala, e giunsero alla loggia, dalla quale si scendeva al giardino. Era un portico magnifico a colonne di granito e a dipinti raffaelleschi, tutto chiuso dalle invetriate e adorno di specchi e di busti antichì.

Una scala di marmo bianco coi parapetti intagliati conduceva al giardino ricco di aranci e di fontane, e in quella sera vagamente illuminato, a lampade opache di vario colore.

In cima alla scala Leoni adattò la mantellina sulle spalle della principessa, poi sostenendole il braccio, scese con essa.

Il giardino era pressochè deserto. Le coppie che poco prima si aggiravano per le curve dei viali infiorati, erano state richiamate nelle sale dalle battute del valzer.

L’avvocato Leoni, tenendo al braccio la principessa, prese la via che costeggiava il muro di cinta, tutto coperto da un fitto rosajo, immaginandosi, che da quella parte si trovasse la porticella, per la quale Maria Tognetti doveva essere entrata nel giardino.

L’uno e l’altra tacevano, tutti assorti com’erano in pensieri, che sebbene diversi, convergevano a un punto solo. Così silenziosi arrivarono dove il viale si perdeva in quattro o cinque sentieri, in mezzo ai quali era una statua dal vasto piedistallo circuito di sedili.

Dietro a quello, stava nascosta Maria, che, sporgendo ad ora ad ora la testa celata dalle foglie dei virgulti, cercava di conoscere chi si andava avvicinando.

Quando vide appressarsi l’avvocato e la principessa, senti battere violentemente il cuore, e delle goccie di sudore freddo bagnarle la fronte. Le pareva che la vita del figlio suo dipendesse da quel momento.

Si resse colla mano ai fregi marmorei del piedestallo, poi quando i due che si avanzavano le furono proprio vicini, uscì fuori, e si piantò ritta in piedi dinanzi a loro.

La principessa mandò un grido, subito rattenuto. Essa aveva creduto a una visione, a un’illusione della sua fantasia agitata dal rimorso, e rimase immobile pel terrore. Ma quando Maria si avanzo ancora, e si accinse a parlare, ed essa non potè più dubitare della realtà di quella figura, si sciolse rapidamente dal braccio di Leoni, e mosse per fuggire. Ma la Tognetti non gliene diede il tempo; l’afferrò per le vesti, e sclamò:

― Voi m’ascolterete, signora, mi ascolterete!

― So che cosa volete: la vita di vostro figlio! mormorò a bassa voce la principessa, senza volgersi a guardare quella donna, che le faceva veramente paura.

― Egli è condannato a morte! intendete, signora? Aspetta il giorno del suo supplizio... e per vostra cagione!

― È vero, è vero: voi avete il diritto di accusarmi, di maledirmi; ma per quanto ho di più sacro, per la vita del figlio mio, vi giuro che io arò tutto quanto è possibile per salvare il vostro.