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116 i processi di roma

del principe, lo stesso Giano era diventato il suo agente segreto, il suo intimo confidente, il suo spione.

Quell’uomo spiegava un’abilità particolare negli intrighi tenebrosi, e specialmente nei maneggi dello spionaggio. Egli dunque servì il principe Rizzi mirabilmente.

Sarebbe cosa lunga e tediosa seguire Giano per tutta la tortuosa trafila de’ suoi raggiri. Il fatto sta che il principe era arrivato a sapere da lui a liberazione di Curzio dalle Carceri Nove, il suo ritorno nello Stato Pontificio, il suo arresto, e per ultimo la sua detenzione nella fortezza di Civita-Vecchia.

Fra il principe e sua moglie, lo sappiamo, s’era da lungo tempo impegnata una partita accanita, e la posta del giuoco era la vita di Curzio, quel giovane ch’era avvinto alla principessa con un misterioso legame.

Da principio la vittoria parve piegare dal lato della moglie, quando ella seppe disporre la fuga di Curzio con arte infinita al cessare dell’insurrezione, poi il marito aveva preso il sopravvento, comprando il soccorso di Giano, e facendo operare l’arresto del giovane, poscia pareva ch’ella avesse vinto, quando lo fece uscire dalle Carceri Nove, e condurre fino al di là del confine; il suo ritorno aveva riposto la superiorità dalla parte del principe: finalmente la sua reclusione nella fortezza di Civita-Vecchia tornava dare la probabilità del trionfo alla principessa; ed era appunto in quel momento che il marito di lei si sforzava di riguadagnare il vantaggio.

Informato appuntino d’ogni cosa dal suo Giano, il principe concertava con esso i modi di riuscire nell’intento. In quella sera della festa Giano reduce appunto da una sua gita a Civita-Vecchia, era venuto a riferire al principe il risultato delle sue osservazioni, e a comunicargli un suo piano.

Si trattava di procurare l’evasione di Curzio dalla fortezza, e per tal modo cagionare la sua perdita.

Il progetto piacque al principe Rizzi, il modo della esecuzione fu discusso lungo fra lui e il suo satellite, e infine venne adottato e approvato in ogni sua parte.

Giano ricevè dal padrone una buona somma di monete, e partì.

Il principe fece ritorno nelle sale del ballo. Nella prima s’incontrò colla moglie egli sorrise, e volse a lei uno sguardo trionfante. Essa ignorava la ragione di quel riso e di quell’occhiata, ma sentì un brivido correrle per tutto il corpo.

La sentenza del giorno innanzi, alla quale il governo annetteva grande importanza, formava il soggetto principale delle conversazioni, di mezzo alle danze e alle armonie musicali nella festa del palazzo Rizzi.

Il cardinale Rizzi era uno dei sanfedisti più arrabbiati, e nel sacro collegio dei cardinali faceva parte di quella, che potrebbe chiamarsi l’estrema sinistra, ossia il partito d’azione dei clericali, quel partito che con De