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LA SOVRANA DEL CAMPO D'ORO | 35 |
— Ecco l’uomo che avevo sognato: forte, energico, audace. Voi mi farete felice, Harris, ed io vi amerò come mai nessuna donna ha amato. Grazie, amico mio, grazie.
— Sono io che dovrei ringraziarvi, Annie! — esclamò il giovane, pazzo di gioia. — Fate questa sera i vostri preparativi e domani all’alba noi prenderemo la ferrovia per Sacramento. Ah!... Mi dimenticavo di chiedervi se vi spiacerebbe che Harry Blunt ci accompagnasse. È un bravo giovane e spero che non gli serberete rancore d’avervi rifiutata per ventimila dollari.
— Anzi, gli sono riconoscente, — rispose Annie, sorridendo. — Conducetelo pure, se credete che possa esserci utile. Ed a Roock che cosa dovrò rispondere?
— Che fra tre mesi voi stessa gli porterete i cinquecentomila dollari.
— A domani, Harris.
— Sarò qui a prendervi. Non portate con voi che lo stretto necessario; durante il viaggio acquisteremo ogni cosa.
Si strinsero la mano, guardandosi a lungo negli occhi, poi l’ingegnere uscì rapidamente, fuori di sè per la gioia.
Lo scrivano lo attendeva nella casa da tè, con un orario ferroviario fra le mani.
— Signor Blunt, — disse l’ingegnere, senza dargli tempo di interrogarlo. — Volete venire con me e con miss Annie nell’Arizona?
— Come? Anche voi partite? — esclamò il giovane balzando in piedi.
— Sì, domani, alle cinque e venti minuti. Volete seguirci?
— E me lo domandate?
— Allora venite a casa mia e vi racconterò tutto.
— Andremo a caccia?
— E anche a cacciare indiani e briganti.
— Non domando di meglio, signor Harris.
La carrozza si era fermata fuori: uscirono dalla casa da tè e vi salirono.
I cavalli si erano messi appena in moto, quando due negri, che stavano nascosti sotto un vecchio e sgangherato carrozzone, strisciarono fra le ruote, sporgendo il capo.
— L’hai riconosciuto, Zim?
— Sì, Sam.
— Corriamo da Simone.
E si slanciarono entrambi, a corsa sfrenata, verso un carrozzone, dietro il quale stavano, legati ad un albero, due magri cavalli.