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non correr nessun pericolo, tutti si stesero sulle coperte, posando la testa sulle selle che servivano da guanciali.

D’altronde, anche i cavalli si erano tranquillizzati, e si erano sdraiati l’uno presso l’altro, ciò che indusse tutti a ritenere che non fosse stato il terremoto a smuovere quell’enorme masso, perchè le bestie presentono le oscillazioni del sottosuolo.

Il ciclone pareva si calmasse. Attraverso le piccole finestre entravano sempre furiose folate di vento e guizzi di luce, però i ruggiti ed i fragori della tempesta diminuivano a poco a poco d’intensità. Verso le sei, Buffalo Bill e Buck diedero la sveglia.

L’uragano era completamente cessato e una luce vivissima entrava nella sala, riflettendosi sulle pareti opposte.

— Visitiamo il masso innanzi a tutto, — disse il colonnello, dopo aver fatto distribuire a tutti un po’ di whisky. — Vediamo se vi è qualche speranza di poterlo smuovere.

Una sola occhiata li convinse subito che da quel lato non vi era nulla da tentare. La roccia che doveva pesare parecchie tonnellate, combaciava perfettamente con l’apertura e si era profondamente incastrata nel terreno.

Solo una forte mina o una grossa cartuccia di dinamite avrebbero potuto smuoverla ed i cow-boys non si sarebbero certo privati delle loro cartucce, per trovarsi poi indifesi alla mercè dei Navajoes e degli Apaches.

— Cercando, troveremo qualche altro passaggio, — disse Buffalo Bill. — È impossibile che questo cliff, che mi sembra molto vasto, non ne abbia un altro.

— Come avranno fatto gli indiani a smuovere un simile masso e farlo scivolare fin qui? — chiese Annie che non dimostrava alcuna apprensione.

— Ho osservato in parecchi cañon, dove si trovano i cliffs, certe profonde scanalature che dovevano essere state eseguite allo scopo di far piombare sui nemici dei macigni, — rispose il colonnello. — Ne ho veduti anzi molti di quei pezzi di rupe, mantenuti in equilibrio all’estremità dei solchi.

— Furbi quegl’indiani, — disse Blunt.

— Signori, cominciamo l’esplorazione.

— Senza torce? — chiese Harris.

— Non ve n’è bisogno, ingegnere. Tutte le stanze avranno delle finestre aperte sul Gran Cañon.

Si misero in marcia, passando in una seconda sala più ampia della prima, con sei piccole aperture, dalle quali i raggi del sole entravano liberamente. Negli angoli vi erano mucchi di cenere e di carbone mescolati ad ossa, talune enormi ed altre piccole, appartenenti ad animali ormai scomparsi: alla formidabile tigre dai denti in forma