Pagina:Salgari - Il treno volante.djvu/163


il treno volante 163


— Un paese di selvaggi e di briganti — rispose El-Kabir. — Io lo conosco avendolo attraversato più volte durante la mia gioventù.

— È qui che regna il Niungu?

— Sì.

— Chi è questo personaggio? Ne ho udito parlare con terrore.

— È il Sultano dei Ruga-Ruga, un uomo ferocissimo che ha accumulato ricchezze immense e che divide con Nurambo l’impero di queste regioni.

— Ci guarderemo dal discendere in questi luoghi.

— E faremo anche bene ad innalzarci — disse in quel momento Heggia, che si era seduto presso di loro. — Non vedete padrone, che ci danno la caccia?

— Chi? — domandò vivamente El-Kabir.

— I Ruga-Ruga.

— Dove li vedi?

— Guardate dinanzi a noi, in mezzo a quelle piante in fiore. Vi è una banda di selvaggi imboscati.

L’arabo ed il greco, guardando nella direzione indicata, videro, a circa cinquecento metri, numerosi negri sdraiati in mezzo alle erbe.

Ve n’erano molti armati di archi ed alcuni di fucili.

— Ci aspettano — disse il greco.

— Ed il nostro treno volante scende — disse Heggia.

— Non abbiamo ancora della zavorra?

— No, padrone — rispose il negro. — I due ultimi sacchi li abbiamo gettati poco fa.

— Bisogna svegliare Ottone e gonfiare un po’ i palloni — disse il greco. — Non siamo che a cento metri dal suolo e le palle possono colpirci.

Ottone fu subito svegliato e avvertito del pericolo che correva il Germania.

— I Ruga-Ruga! — esclamò il tedesco, balzando in piedi. — La faccenda può diventare pericolosa.

«Bisogna riempire subito i palloni.