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30 capitolo quarto


— Più canaglie sono stati gli affiliati della società segreta, i quali hanno agito in modo da far ricadere su di noi questo infame delitto. —

Giunti nella stanza, il magistrato si diresse verso il letto che Rokoff aveva occupato, levò il materasso ed estrasse un pugnale lungo un buon piede, a lama triangolare, coll’impugnatura sormontata da una piccola campana d’argento.

L’arma era insanguinata fino alla guardia.

— Lo vedete? — chiese, mostrandolo ai due europei, smarriti. — Sing-Sing è stato ucciso con questo e voi, compiuto il delitto, l’avete nascosto qui. Potevate essere più furbi o per lo meno più prudenti.

— E voi credete? — chiese Fedoro, facendo un gesto di ribrezzo.

— La prova è chiara, — disse il cinese con un sorriso maligno.

— E non vedete che questo pugnale non è di quelli che si usano in Europa?

— Potete averlo comperato qui od in altra città.

— È un pugnale appartenente ad una società segreta. Guardate, vi è una piccola campana d’argento sull’impugnatura.

— E che cosa proverebbe questo? — chiese il magistrato accomodandosi tranquillamente gli occhiali.

— Che l’assassino di Sing-Sing non può essere stato che un membro della società della Campana d’argento, alla quale il nostro amico era affiliato.

— Ed ha nascosto l’arma in uno dei vostri letti? Eh! via, non sono uno sciocco per crederlo!

— Ascoltatemi, — disse Fedoro, coi denti stretti per la collera che già lo invadeva. — Vi narrerò come sono avvenute le cose.

— Dite pure. —

Fedoro gli espose chiaramente quanto era accaduto dopo il banchetto, ciò che gli aveva raccontato Sing-Sing: la veglia angosciosa, il sonno misterioso, la comparsa delle ombre umane e finalmente il loro risveglio nella stanza che era stata loro destinata dal maggiordomo.

Il magistrato lo aveva ascoltato pazientemente, colle mani incrociate sul ventre rotondissimo, crollando di quando in quando la testa pelata.

Quando Fedoro ebbe finito, lo guardò in viso, poi disse:

— Quello che mi avete raccontato, quantunque mi sembri