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288 capitolo trentunesimo


Questi, vedendolo entrare ansante, col volto congestionato, colla tonaca raccolta attorno ai fianchi e gli sguardi smarriti, si era gettato giù dal letto, chiedendo:

— Rokoff... che cosa è accaduto?

— Non lo so... disastro completo... mi vogliono accoppare... fuggiamo!... —


CAPITOLO XXXII.

Un supplizio spaventevole.

Mentre Fedoro e Rokoff venivano scaraventati nei lago dalla scarica elettrica che aveva colpito la prora del fuso e si salvarono miracolosamente dinanzi alla scogliera del monastero, lo Sparviero, impotente ormai a resistere ai formidabili soffi dell’uragano, veniva trascinato in una corsa vertiginosa verso il settentrione.

Il capitano, che era stato solamente atterrato dal fulmine, senza riportare male alcuno, eccettuato un breve stordimento, non vedendo più i due amici, aveva subito dato ordine di arrestare la macchina, sperando di calare sul lago e di poterli ancora raccogliere, ma i piani inclinati, sorretti dalle raffiche, avevano mantenuto all’altezza primiera il fuso, il quale si era rituffato fra i vapori delle immense nuvole turbinanti sulle acque del Tengri-Nor.

Per parecchi minuti lo Sparviero, in piena balìa dei venti, aveva girato su sè stesso, preso da qualche nuova tromba, ora inalzandosi e ora abbassandosi, ora immerso in una oscurità profondissima e ora nuotante fra un mare di luce, poi una nuova corrente l’aveva ripreso, trascinandolo verso il nord con una velocità di sessanta o settanta miglia all’ora e che nè le ali nè le eliche potevano moderare.

Per tre lunghe e angosciose ore la macchina volante aveva continuato la corsa, mantenendosi sempre a un’altezza considerevole, passando sopra montagne e abissi, finchè, cessata la furia del vento, era discesa sulle rive d’un nuovo lago, che non doveva essere più il Tengri-Nor. Era però uscita da quel tremendo uragano in condizioni disastrose. Le ali avevano resistito meravigliosamente, ma le eliche erano state portate via, parte della stoffa che copriva i piani inclinati