Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/365

356 COME VI PIACE


Orl. Va in disparte, Adamo, e sentirai come mi rimprovera. (entra Oliviero)

Ol. Ebbene, signore, che fate qui?

Orl. Nulla: nessuna cosa mi viene insegnata.

Ol. A che ve ne state qui dunque, signore?

Orl. A distruggere insieme con voi, con un ozio funesto, quegli che Dio fece vostro fratello.

Ol. Attendete a far meglio, o state nella vostra nullità.

Orl. Debbo andare a far pascolare i vostri maiali, e a mangiar la ghianda con essi? Qual porzione di patrimonio ho io pazzamente dilapidata per vedermi ridotto a tanta mendicità?

Ol. Sapete dove siete, signore?

Orl. Nel vostro orto, lo so.

Ol. Sapete dinanzi a cui siete?

Orl. Meglio che quegli dinanzi a cui mi veggo. So che voi siete il mio fratello maggiore, e secondo i diritti del sangue dovreste conoscermi sotto tal veste. Il costume della nazione vuole che voi siate da più di me, perchè siete nato prima; ma tal costume non può invilire il mio sangue, fosservi venti fratelli fra di noi. Io ho una parte del cuore di mio padre al par di voi, e se son più povero di voi, non sono meno nobile.

Ol. Che dici, garzone?

Orl. Fermatevi, fratello primogenito, siete troppo giovine per minacciarmi.

Ol. Miserabile, ardiresti ribellarti contro di me?

Orl. Non sono un miserabile. Sono il minor figlio del cavaliere Rowland de Bois; egli era mio padre, e quegli che dice che un tal padre ingenerò esseri miserabili, è egli medesimo tre volte miserabile. — Se tu non fossi mio fratello, io non vorrei dipartirmi da te, che prima non t’avessi strappata quella lingua insultatrice: ti sei offeso da te stesso.

Ad. Miei cari signori, calmatevi: per la memoria di vostro padre, siate concordi.

Ol. Lasciatemi andare.

Orl. Non vi lascierò che quando mi piacerà: bisogna che mi ascoltiate. Mio padre v’ha imposto col suo testamento di darmi una buona educazione, e voi mi fate crescere come un villano, cercando d’oscurare e di spegnere in me tutte le doti del gentiluomo. Io sento nel mio seno l’anima di mio padre, e non patirò di più tale ingiustizia: mandatemi dunque a quegli esercizii che s’addicono a un nobile, o concedetemi il misero retaggio del padre mio, con cui andrò a cercare altrove fortuna.