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COME VI PIACE



ATTO PRIMO.


SCENA I.

Un orto vicino alla casa d’Oliviero.

Entrano Orlando e Adamo.

Orl. Ben lo ricordo, Adamo: tale fu l’eredità che mi lasciò mio padre: una miserabile somma di mille scudi, e come dite, egli commise a mio fratello, sotto pena della sua maledizione, di darmi un’educazione dicevole: ecco la cagione dei miei dolori. Egli mantiene mio fratello James alle scuole, dove la fama vanta i suoi maravigliosi talenti, e me tratta come l’ultimo dei bifolchi, o, per dir meglio, mi fa vivere in una stalla qual bestia, anzi che allevarmi da uomo. Perocchè si può chiamar educazione per un uomo quale son io quella che mi vien data? I suoi cavalli ottengono migliori cure; essi son meglio provvisti di cibo; istrutti vengono a far ogni più bella mostra di loro, ed io che son suo fratello non ho sotto la sua tutela che una vita da automa, quella che ha con me in comune ogni pianta. Per tale benefizio, seppure benefizio voglia appellarsi, io non approfitto dei pochi doni reali che ho ricevuti dalla natura. Facendomi pranzare coi suoi domestici, vietandomi ogni esercizio cavalleresco, egli distrugge per quanto è da lui la mia nativa nobiltà, ed è quello, mio caro Adamo, che m’affligge. Ma l’anima di mio padre, che io credo sentir trasfusa nel mio seno, comincia a ribellarsi contro tal servitù. No, io non la sopporterò più a lungo, sebbene, oimè! non conosca ancora alcuno espediente sicuro per sottrarmivi.

Ad. Ecco vostro fratello, signore, che s’avanza.