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ATTO QUINTO 141


York. Che veggo! Sommerset è libero? Dunque, York, sciogli il freno a’ tuoi reconditi pensieri, e fa che la tua lingua esponga i sentimenti del tuo cuore. Debb’io soffrire la vista di Sommerset? Vil re, perchè mi hai tu mancato di fede, sapendo quanto doro mi sia il tellerare gli oltraggi? Re ti chiamai io? No, tu non sei re: inetto sei a reggere i popoli, tu che punire non sai neppure un traditore. A questa tua testa non si addice una corona: la tua mano è fatta per impugnare la mazza del pellegrino, non lo scettro de’ sovrani. Quel cerchio d’oro deve cingere la mia fronte, di cui l’aggrottarsi o il diradarsi darà vita o morte come la lancia di Achille. Questa è la mano che deve trattare lo scettro, e confermare, o rivocare le leggi; cedimi il luogo! tu non tenerai più sopra colui che il Cielo volle che fosse monarca.

Somm. Oh insigne traditore! io ti arresto, York, per tradimento capitale contro il re e la corona: obbedisci, audace, e intercedi inginocchiato la tua grazia.

York. Io inginocchiarmi? Prima lascia che interroghi i miei figli per sapere da loro se permettano ch’io m’inginocchi. Amico, falli avvicinare, (esce uno del seguito) So bene che innanzi che mi lascino condurre prigione le loro spade tuteleranno la mia libertà.

Mar. Si faccia venire Clifford; e ch’ei ne dica se la schiatta bugiarda di York può servire d’ostaggio pel suo padre traditore.

York. Oh Napoletana feroce, abbominio di Napoli, flagello d’Inghilterra! I figli di York, di nascita migliore della tua, saran garanti per suo padre; e maledizione a colui che non li accettasse. (entrano Eduardo e Riccardo Plantageneto coll’esercito da un lato; dall’altro pure coll’esercito Clifford e suo figlio)

York. Vedi, essi vengono; ti do fede che sosterranno le mie parole.

Mar. E viene anche Clifford per confonderli.

Cliff. Salute e gioia al mio sovrano! (inginocchiandosi)

York. Ti ringrazio, Clifford: quali novelle? Non ci atterrire con severi sguardi: noi siamo il tuo sovrano; Clifford, inginocchiati di nuovo e ti condoniamo l’errore occorso.

Cliff.. Questi è il mio re, York, io non erro: bensì tu molto t’inganni sul mio conto, credendolo. — È egli insensato?

Enr. Sì, Clifford; una stolta ambizione lo spinge ad opporsi al suo sovrano.

Cliff. È un traditore: sia condotto alla Torre, e troncato gli venga quel capo sedizioso.

Mar. È già arrestato, ma non vuole obbedire; i suoi figli, egli dice, saranno cauzione per lui.