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358 antonio e cleopatra

glie che possiedo. Esso è esatto, e, fino ai più piccoli effetti, nulla vi è omesso. Dov’è Seleuco?

Sel. Eccomi, signora.

Cleop. Questo è il mio tesoriere, potete interrogarlo, signore; intimategli a rischio della testa di dichiarare se nulla ho nascosto; parla il vero, Seleuco.

Sel. Signora, amerei meglio perder l’uso della parola, che affermare a rischio della testa cosa che non è.

Cleop. Che ho io adunque celato?

Sel. Abbastanza per riscattare tutti i tesori che palesate.

Ces. Non arrossite, Cleopatra; approvo la vostra prudenza.

Cleop. Oh mira, Cesare, mira come la folla degli uomini segue servilmente la fortuna! Tutti i miei servi mi abbandonano per darsi a te; e se mutassimo sorte tutti i tuoi ti lascerebbero per venirmi incontro. — L’ingratitudine di questo vil Seleuco mette il colmo al mio furore. — Oh turpe schiavo, perfido più che non lo è l’amore prezzolato! Che! Tu mi rivolgi il dorso! Sì, lo puoi; tradiscimi, te lo permetto: ma prima, avessi tu le ali per fuggire dalla mia vendetta, essa saprà raggiungerti. Schiavo, scellerato, indegno, empiamente vile!

Ces. Buona regina, lasciateci supplicarvi...

Cleop. Oh Cesare, qual sanguinosa ingiuria per me! allorchè voi nello splendore della vostra grandezza, degnate onorare di una vostra visita una sfortunata vinta dalle sventure, il mio proprio servo aumenta il peso de’ miei mali, col suo vil tradimento! Ebbene, generoso Cesare, quand’anche riservato mi fossi qualche frivolo adornamento muliebre; qualche oggetto di nessun valore, qualcuno di quegli inutili doni con cui si festeggiano i nuovi amici: e quand’anche posto avessi a parte qualche presente per Livia, per Ottavia, onde interessarle alla mia sorte, dovrei io esserne accusata da un uomo che ho nutrito? Oh Dei! questo atto d’ingratitudine mi precipita anche al disotto dell’abisso in cui ero caduta. In mercè, fuggi dal mio cospetto; (a Sel.) o ti farò vedere che il sentimento della mia grandezza passata sorvive ancora sotto le ruine della mia fortuna. Se fossi un uomo, avresti pietà di me.

Ces. Taci, Seleuco.                                   (Sel. esce)

Cleop. Il mondo sappia omai qual è la sorte dei sovrani. Noi siamo accusati dei falli che commettono i nostri ministri, e se cadiam dal trono, portiam la pena dei delitti altrui: questa disavventura, congiunta colla grandezza, rende la condizione dei re ben trista.