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atto quarto 251

vare queste mie deboli dita. Lasciate che io copra la sua tomba coll’erbe e colle foglie di quel bosco, e che proferisca sopra di lui mille preghiere, quali saprò dirle: lasciatemi gemere, piangere accanto a lui; e dopo questo congedo, se volete, vi seguirò.

Luc. Fa pure, bel giovinetto, io ti sarò più padre, che signore. — Amici, questo fanciullo c’insegna i doveri dell’uomo: cerchiamo qui la zolla più verde e fiorita, e apriamo colle nostre picche una fossa. Animo! levate quel corpo sulle vostre braccia. Giovine, tu lo raccomandi alle nostre cure; ed egli sarà sepolto con tutti gli onori di guerra; consolati adunque, asciuga il tuo pianto: cadute vi sono che ne innalzano, sventure che ci conducono alla felicità.     (escono)

SCENA III.

Una stanza nel palazzo di Cimbelino.

Entrano Cimbelino, Pisanio e Lordi.

Cimb. Andate or dunque, e tornate per istruirmi dello stato della regina. Una febbre violenta, suscitata dall’assenza di suo figlio; un delirio, che pone la sua vita in pericolo!... Cielo! quali inaudite sciagure tu versi in un sol punto sopra di me! Imogène, la diletta mia figlia, è fuggita; la regina si dibatte disperata sopra il suo letto: e tutto questo in quali momenti? quando una terrìbile guerra minaccia il mio trono! Anche il figlio di lei, che ora mi gioverebbe è scomparso... Tante sventure mi atterriscono, e mi tolgono ogni speranza... Ma tu, sciagurato, che devi essere istrutto dell’evasione di mia figlia, cui fingi ignorare, noi ti strapperemo il tuo segreto colle più crudeli torture.

Pis. La mia vita, signore, è nelle vostre mani, e a voi la sottopongo; ma della mia signora ignoro e il ricovero e il motivo della fuga, e il tempo in cui si proponga di ritornare. Abbiatemi, ve ne scongiuro, Maestà, in conto di fedele vostro suddito.

Lord. Mio buon sovrano, il giorno che ella se ne andò, quest’uomo era qui; e farei fede della sua onestà. Quanto a Cloten, nelle indagini che si praticano per lui non si risparmia cura alcuna; e senza dubbio si riescirà a trovarlo.

Cimb. In questi momenti (a Pisanio) d’impaccio e di torbidi desisterò dall’investigare; ma i miei sospetti intorno a te rimangono tuttavia.

Lord. Vostra Maestà mi permetta di dirle che le romane legioni, adunate nelle Gallie, hanno approdato sulle nostre spiaggie con un rinforzo di italiani spediti dal Senato.