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atto terzo | 55 |
piace di darmi una sana risposta eseguirò il di lei comando, se no, col perdono vostro, me ne ritornerò, e così finirà il mio messaggio.
Am. Signore, non posso.
Guil. Che cosa, principe?
Am. Darvi una risposta sana; la mia mente è inferma; ma quello che potrò dirvi non avrete che a chiedermelo, o piuttosto, come voi vi esprimete, la regina non avrà che da comandarmelo. Perciò, senz’altre digressioni, veniamo al fatto. Mia madre, cominciaste...
Ros. Ecco ciò che dice: la vostra condotta l’ha empita di stupore, e di ammirazione.
Am. Oh figlio meraviglioso, che sai così sorprendere tua madre! — Ma null’altro v’è dunque che segua questa ammirazione materna? Dite.
Ros. Ella desidera di parlarvi nel suo gabinetto prima che vi corichiate.
Am. L’obbediremo, foss’ella dieci volte nostra madre. Avete null’altro?
Ros. Signore, voi mi amaste un tempo.
Am. E così faccio ancora, lo giuro per queste mani.
Ros. Mio buon principe, qual’è la cagione della vostra infermità? Voi, al certo, serrate la porta alla vostra guarigione, se rifiutate di far parte de’ vostri dolori a chi vi è amico.
Am. Signore, manco di avanzamento.
Ros. Come può essere questo allorchè avete il voto dello stesso re per succedere al trono?
Am. Sì, signore, ma mentre il fieno cresce... il proverbio è alquanto rancido. (entrano i commedianti e i suonatori) Oh, i suonatori... ch’io li vegga... venirne con voi?... Perchè girarmi così intorno, e investirmi come se voleste spingermi entro un laccio?
Guil. Ah principe, se il mio dovere mi fa essere ardito, l’amore che vi porto mi rende anche incivile.
Am. Non intendo ciò. Volete suonar questo flauto?
Guil. Signore, non posso.
Am. Ve ne prego.
Guil. Credetemi, non posso.
Am. Ve ne supplico.
Guil. Non ne ho l’abito.
Am. È così facile come lo è il mentire: coprite questi fori colle vostre dita, date fiato alla bocca, e intuonerete un’eloquente musica. Mirate, queste sono le chiavi.