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atto secondo | 33 |
quanto posseggo, e mi si mandi in un podere a condur l’aratro.
Re. Faremo l’esperimento. (entra Amleto, leggendo)
Reg. Eccolo: oh! dolorosa vista! Lo sfortunato s’avanza leggendo.
Pol. Andatevene, ve ne scongiuro, entrambi; allontanatevi, io gli parlerò (escono il Re, la Regina e il seguito). Come vi sentite, buon principe Amleto?
Am. Bene, per bontà di Dio.
Pol. Mi conoscete, signore?
Am. Sì: siete un mercante di pesce.
Pol. Non io, signore!
Am. Allora vorrei che foste un così onest’uomo.
Pol. Onesto, principe?
Am. Sì, amico, essere onesto, nel modo come va il mondo, è un essere eletto in mezzo a diecimila.
Pol. Questo è vero, signore.
Am. Imperocchè, se il sole genera gl’insetti in un cane morto, e, quantunque Dio, diffonde la benefica sua luce sopra un cadavere fracido... Avete voi una figlia?
Pol. Sì, mio signore.
Am. Non la lasciate errare di mezzodì... Comprendere e concepire è una benedizione del Cielo; ma non nel modo che potrebbe concepire vostra figlia... Siate cauto, amico.
Pol. Che volete dir con ciò, signore? (a parte) Sempre col pensiero fermo in mia figlia. — Nullameno ei non mi riconobbe in principio e mi reputò un mercante. I suoi spiriti sono perduti. — A me pure in giovinezza l’amore fece soffrir gravi tormenti, quasi come i suoi. Convien che gli favelli di nuovo. — Che leggete, signore?
Am. Parole, parole, parole!
Pol. Di che è questione, signore?
Am. Fra chi?
Pol. Intendo qual’è la materia del libro che leggete?
Am. Calunnie, signore. Cotesto malvagio e satirico autore dice che i vecchi han la barba grigia; che il loro volto è aggrinzito; che i loro occhi stillano un’ambra densa come la gomma del susino; che han pochissimo cervello e ogni fibra indebolita. Sebbene anch’io ciò sappia per mia esperienza e lo creda così fermamente come umana cosa può credersi, pure riguardo sì fatti scritti come poco onesti; avvegnachè voi pure, signore, al par di me invecchierete, quand’anche trascorreste a ritroso la vostra vita.