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atto secondo | 315 |
rore, dar luogo così a una domestica rissa, durante la notte, e vicino al posto di guardia? Vergogna! inaudita vergogna! Parlate, Jago: chi è il colpevole?
Mont. Se per qualche rispetto d’amicizia o di carica tu alteri una parola della verità, non sei un soldato.
Jago. Non mi stringete sì dappresso; vorrei mi si strappasse prima la lingua sin dalla radice, piuttosto che nuocere a Cassio; ma credo ch’ei non sarà leso dal racconto del vero. Ecco il fatto, generale. Montano ed io stavamo qui conversando quetamente, quando improvviso entrò un uomo gridando: soccorso! Cassio lo seguiva da presso colla spada sguainata, in sembiante di rendere vera una sanguinosa minaccia. Quest’onesto uffiziale, signore, si fa allora dinanzi a Cassio, e lo scongiura a fermarsi; ed io vo sull’orme del fuggiasco, che mandava gridi, temendo, com’è avvenuto, che i suoi clamori non gettassero lo spavento nella città. Quegli, più celere nel corso, previene il mio intento; ond’io tornai qui veloce, intendendo da lungi l’urto e l’incrociarsi delle spade e i giuramenti che Cassio proferiva... e che, posso attestare, erano terribili. Dacchè fui rientrato, e brevissima corse tutta questa bisogna, li trovai piede contro piede, all’attacco, alla difesa, nella positura stessa in cui erano quando li avete separati. Ecco tutto ciò che posso dirvi della loro contesa. Ma gli uomini sono uomini; i più saggi commettono errori qualche volta. Sebbene Cassio abbia fatto al suo avversario qualche lieve ingiuria (come può avvenire ad ogni uomo sdegnato di percuotere anche il suo migliore amico), è nondimeno sicuro che egli avrà ricevuto dallo sconosciuto, che fuggiva dinnanzi a lui, qualche fiero oltraggio, che la sua pazienza non ha potuto tollerare.
Ot. Ben m’accorgo, Jago, che l’onesta vostra anima, per zelo verso un amico, vuol ricoprire il suo fallo. — Cassio, io ti amo; ma non apparterrai più al numero de’ miei uffiziali. (entra Desdemona con seguito) Vedi; anche la mia sposa fu risvegliata per cagion tua. Va; ne sarai in breve punito.
Desd. Che fu, mio amore?
Ot. Tutto è ora sedato, amica mia: torna alle tue stanze. Montano, assumo su di me la cura di guarirvi delle vostre ferite. Portatelo lungi di qui. (Montano è condotto via) Voi, Jago, percorrete con cura la città, e calmate coloro che quest’indegno litigio ha spaventato. Rientriamo, Desdemona; è proprio dei soldati il veder di sovente le ore felici del loro sonno turbate dalla discordia. (escono tutti, fuorchè Cassio e Jago)
Jago. Luogotenente, siete voi pure ferito?