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148 giulio cesare


SCENA II.
Campo di battaglia.
Ferve la mischia. Entrano Bruto e Messala.

Br. A cavallo, a cavallo, Messala, corri; reca il mio comando alle legioni dell’altro corno. Si avanzino tutte repentinamente, perocchè veggo le squadre d’Ottavio trepidanti e incerte, e un urto impetuoso varrebbe a sgominarle. A cavallo, Messala, e va rapido come il lampo.

(escono)     


SCENA III.
Altra parte del campo.
Rumor di guerra. Entrano Cassio e Titinio.

Cass. Oh! mira, Titinio, mira come fuggono quei codardi: i miei soldati stessi fecer di me il loro nemico. Questa insegna, che vedi, la strappai di mano a un vile che con essa sgombrava, e che punii di morte.

Tit. Oh Cassio! troppo presto diede Bruto il segnale. Sedotto dal debole avvantaggio che gli fornivano le schiere d’Ottavio, le investi con troppo ardore, e i suoi soldati intendono ora al bottino, mentre Antonio li circonda.

(entra Pindaro)     

Pind. Fuggite, signore, fuggite. Antonio è nella vostra tenda. Fuggite, finchè n’avete tempo.

Cass. Questi colli sono abbastanza lungi... Ma guarda, guarda, Titinio; di’, non son quelle le mie tende là dove s’innalza quella fiamma?

Tit. Appunto, signore.

Cass. Or, Titinio, se m’ami, sali sul mio destriero, configgi gli speroni ne’ suoi fianchi, e va a quelle schiere là in fondo, per assicurarti se sono schiere amiche o nemiche.

Tit. Volerò, per ubbidirvi, rapido come il pensiero.

(esce)     

Cass. Tu, Pindaro, ascendi alla cima di questo colle, segui col guardo Titinio e dimmi quel che discerni nel campo. (Pindaro sale) Questo di fu il primo di mia vita: ora descrissi il circolo, e finirò nel punto in cui cominciai. — Ebbene, Pindaro, quali novelle?

Pind. (dalla cima del colle) Oh signore! Oime! ecco Titinio investito da una mano di cavalieri che lo inseguono a tutta briglia..... nondimeno ei corre ancora..... ahi! già già gli