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si nè il giudice che deve pronunziare. Sarebbe ridicolo allora il volersi rimettere al una espressa decisione della volontà generale, che non può essere se non la conclusione di una delle parti, e che per conseguenza non è per l’altra se non una volontà estranea, particolare, tendente in questa ‘occasione all’ingiustizia e soggetta all’errore. Nel modo steso che una volontà particolare non può rappresentare la volontà generale; così questa a sua volta cambia di natura avendo un oggetto particolare, e non può come generale pronunziare nè sopra un uomo nè sopra un fatto. Quando il popolo di Atene, per esempio, nominava o cacciava i suoi capi, conferiva onori agli uni, infliggeva delle pene agli altri, e per mezzo di un numero sterminato di decreti particolari esercitava indistintamente tutti gli atti del governo, il popolo allora non aveva più volontà generale propriamente delta, non agiva più come sovrano ma qual magistrato. Ciò sembrerà contrario alle idee comuni, ma mi si conceda il tempo di esporre le mie.

Debbesi quindi scorgere che ciò che gene-