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pesi proporzionali desunti dai documenti, ecc. 91

tenticità, crede possa formarsi l’ipotesi che questo documento fosse stato dal copista messo fuori di posto e malamente letto, potendo appartenere invece a Lotario II figlio di Ugo di Provenza, che venne in Italia nel 926 e fu dal padre associato al potere nel 931.

Non ammettendo discussione l’esistenza delle scorrezioni di dizione e di date nel surriferito documento, scorrezioni che sovente si verificano nelle copie e particolarmente in quelle, come questa, tratte da un originale mancante e guasto ed in epoca relativamente remota, noi ci limiteremo solo a fare qualche osservazione sulle specie delle monete dedotte in quel trattato.

Se mancano documenti di Venezia, nei quali si parli di soldi mancusi prima della metà del X secolo, questa non è a mio avviso valida ragione per dover credere che non vi abbiano avuto corso prima di quell’epoca. Il soldo mancuso in tutta Italia nel X secolo era valuta ideale, quindi se come tale usavasi allora in Venezia, ciò denotava che primieramente vi aveva avuto corso come moneta effettiva. Il soldo mancuso d’oro fu in grandissimo credito in Italia anteriormente all’anno 800, prima cioè che vi principiasse la coniazione della moneta d’argento ed allora era detto solidus mancusus auri, era corrente tuttavia in Verona nell’816, come testè vedemmo, ed ivi per la prima volta trovasi tassato a 30 denari carolini, e dal testo del decreto sappiamo che quel censo di 20 soldi mancusi i monaci di S. Zeno lo corrispondevano già dall’epoca di Carlo Magno. Questo stesso censo nell’anno 1014 fu da Enrico II riconfermato, ma colla speciale ingiunzione che il vescovo di quella città non dovesse più molestare i monaci, nè ripetere da loro nisi tantum quod antiquitus statutum est in festivitate S. Zenonis, aut muncusos viginti aut solidos quinquaginta1;

  1. Muratori, Antiq. ital., Tom. II, col. 80.